mercoledì 15 luglio 2009

Notizie

Non ho avuto molto tempo per approfondimenti, ma ci sono un po' di notizie che butto giù in ordine sparso.

Morti

Cominciamo dalle brutte notizie. I morti delle agitazioni dell'ultimo mese sono ben più della trentina dichiarata dal governo. L'altro ieri, dopo tre settimane di ricerca da un carcere all'altro, la madre del diciannovenne Sohrab A'rabi trova il cadavere del figliolo presso un obitorio. In serata Moussavi e signora sono andati a fare le condoglianze alla famiglia, e stamani è toccato a Karoubi. Sarebbe stato trovato anche il corpo di una ragazza arrestata di fronte alla moschea di Qoba. Ci sarebbero i segni dello stupro.

Stanno sbucando cadaveri al ritmo di un paio al giorno. Almeno 70 oltre a quelli dichiarati dal governo sono già stati riconosciuti (fonte: il blog di Sazegara), ma si parla di 150-160 corpi ammucchiati dentro ad un'improvvisata cella frigorifera in un mercato a ovest di Teheran. E ovviamente stiamo parlando solo di Teheran.

Gli arresti, secondo l'opposizione, avrebbero superato i quattromila, molti dei quali sarebbero detenuti nel famigerato braccio 209 del carcere di Evin dove la mortalità è altissima e la tortura e lo stupro sono fatti quotidiani. In generale ai famigliari viene imposto di non parlare con la stampa, pena l'allungamento della detenzione.

A tutto ciò va aggiunto che dall'inizio dell'anno (in Iran l'anno inizia il 21 marzo), ci sono state più di cento esecuzioni capitali. In rapporto alla popolazione l'Iran è lo stato al mondo che ci dà più dentro con le esecuzioni. Va detto che la pena di morte non è prevista solo per reati di sangue ma, ad esempio, anche per reati patrimoniali come il contrabbando, o per reato contro la morale come l'adulterio femminile. Lo dico per ricordare ai marxisti una cosa che dovrebbero sapere da soli: che la pena di morte è classista. Non ci sono ricchi nel braccio della morte. Quasi mai.

Lotta e disciplina

Proseguono le iniziative di lotta e si allarga l'organizzazione del movimento. Le manifestazioni di giovedì 9 luglio hanno in qualche modo segnato un punto di svolta, perché nonostante l'atmosfera di dura repressione il movimento ha dimostrato di non aver paura. Si parla di ripetere quel tipo di protesta - che ormai alcuni analisti internazionali chiamano "alla iraniana" - ogni giovedì., secondo la parola d'ordine "è importante il cammino, non la meta".

In pratica si tratta di scendere per le strade senza concentrarsi in un unica piazza ma restando in gruppetti di qualche migliaio di persone, dando slogan, insomma manifestando la propria esistenza politica e persino portando delle rose alla polizia antisommossa e ai bassij. In questo modo semplicemente non ci sono le forze per attuare una repressione.

Aumentano le micro-operazioni tipo graffiti sui muri (la città di Rasht secondo notizie giunte sul blog di Sazegara sarebbe molto attiva in questo campo) e le manifestazioni-lampo. Continua il boicottaggio delle merci pubblicizzate sulla televisione iraniana. Il ministero dell'energia ha chiesto alla popolazione di ridurre il consumo dell'elettricità di notte (effetto della "protesta del ferro da stiro"), e la telecom iraniana avrebbe aumentato le tariffe per far fronte al crollo degli SMS in seguito ad un boicottaggio. Boicottata anche la Nokia che fornisce al governo apparecchi per il controllo delle comunicazioni: persino i negozi avrebbero smesso di esporre la merce perché non è richiesta.

Sono in fase di organizzazione scioperi "bianchi" (che in Iran si chiamano "all'italiana"). In pratica si tratta di andare formalmente a lavorare e percepire lo stipendio, ma impedire l'uscita del prodotto. Ad esempio facendo mancare la corrente, formando dei "colli di bottiglia" in punti nevralgici della catena, o anche semplicemente lavorando più lentamente.

La cosa che colpisce di più è la disciplina. E' difficile mantenere il pluralismo nelle idee e nelle proposte, restando poi concentrati sulla proposta che viene adottata senza deviare verso le altre, senza individualismi insomma. L'esempio più chiaro è la questione della preghiera collettiva di domani.

Preghiera del venerdì

Domani la preghiera collettiva di Teheran sarà guidata da Rafsanjani. Rafsanjani è un personaggio ambiguo: è odiato dal fronte di Ahmadinejad ma anche dal fronte della protesta. Dato che la sua presenza alla preghiera è stata concordata con Khamenei, è ben difficile che prenda posizioni dure e chiare. Molto probabilmente parlerà di riconciliazione nazionale. Oppure, ben che vada, non dirà nulla e parlerà dei morti dell'incidente aereo di ieri.

Per tutta la settimana si sono levate diverse voci dall'opposizione, anche semplicemente riflesse sulla pagina FB ufficiale di Moussavi: andare? oppure è una trappola politica? Moussavi deve andare o no? ma se Moussavi va e quello parla di riconciliazione, non è un'implicita castrazione del movimento? cosa facciamo se va? e se non va?

Dato che il percorso per arrivare al luogo di preghiera e il ritorno a casa sono in pratica delle manifestazioni autorizzate c'è l'occasione di far vedere nuovamente delle miolionate di persone per strada, perciò la posizione leggermente maggioritaria era quella di andare. Moussavi si è un po' arreso a questo e ha deciso di partecipare alla preghiera, mentre Ahmadinejad ha emblematicamente deciso di andare a visitare a Mashhad (dove oggi lo aspetterebbe un'accoglienza molto verde...).

La cosa interessante è che, una volta passata la mozione della partecipazione, tutti quelli che erano contrari hanno dichiarato che avrebbero partecipato e hanno smesso di insistere sul loro punto.

Ora ci sono solo post che consigliano dove e come mettersi per evitare che la TV censuri la presenza "verde", che spiegano come vestirsi per evitare problemi (qualcosa di verde è d'obbligo ma le signore devono essere coperte dal chador e per gli uomini niente maglietta e jeans... insomma è una preghiera), e ci sono quelli che spiegano come funziona la preghiera collettiva per coloro che non ci sono mai stati. Stanotte e domani notte, oltre al solito Allahu Akbar dai tetti, si è deciso di aggiungere uno slogan per convocare tutti alla preghiera di domani.

Insomma, citando un amico, "meglio sbagliare nell'unità che aver ragione nella divisione". Il movimento è vivo e pluralista ma evita i personalismi. E' questo che intendo per "disciplina".

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