Di là si sta discutendo se presentarsi o no alla preghiera del venerdì questa settimana, dato che l'imam della preghiera dovrebbe essere Rafsanjani. E' annunciata anche la presenza di Karoubi, Khatami e Moussavi. Il dibattito è molto vivo. Il vantaggio sta nella visibilità di un'occasione priva di repressione: in teoria non possono impedire a nessuno di andare alla preghiera.
Lo svantagggio è che non si sa se Rafsanjani ci sarà e, soprattutto, non si sa cosa dirà. Insomma il movimento lo ritiene poco affidabile. Senza contare poi che una parte non secondaria del movimento non è gente che va alla preghiera. Vedremo se la notizia ha un fondamento.
Ma non volevo parlare di questo. Volevo tradurre da un blog in persiano un lungo e interessante articolo di analisi politica datato 07/07/2009, due giorni prima dei fatti del 9 luglio. L'articolo è lungo.
Questo articolo dimostrerà che la gente non può manifestare tutti i giorni, e che ciò non deve essere interpretato come un calo di tensione nella lotta [...].
Il fine della guerra psicologica [1] di un governo dittatoriale è quello di infiltrare i mezzi di informazione del movimento con un insieme di notizie fallaci e ambigue, in modo da insiunuare la delusione e la disunione e, come obiettivo finale, paralizzare il movimento.
Tuttavia questa volta [rispetto al 1979 ndt] coloro che lottano nel sentiero della libertà hanno un immenso capitale politico accumulato negli ultimi 30 anni. La marcia del 20 giugno e la presenza di più di tre milioni di persone, nonostante le sensibili minacce all'incolumità fisica e le gravi carenze di mezzi di comunicazione, non aveva precedenti nemmeno nelle esperienze del 1979. Questa presenza ha dato un colpo spaventoso al regime ed all'equilibrio psicologico del Leader e del suo entourage.
In questo momento noi conserviamo il vantaggio di un consenso di massa dimostrato nei numeri e nelle strade, e questo capitale politico non svanirà così presto. Con l'orgoglio di chi sa di avere milioni di voci dalla sua parte, e con passione, dobbiamo solo evitare che questo prezioso capitale vada disperso.
Ma, come noi sappiamo di avere un largo consenso, ne è al corrente anche il governo, e ciò lo spaventa: il governo sa che, anche con un piccolo passo indietro, nuovamente milioni di persone si riverseranno per le strade [...].
Tenete presente che questo capitale politico è notevolmente superiore a quello di cui godeva il movimento rivoluzionario islamico all'inizio dei moti del 1978 [...]. Il Re, di fronte a marce e raduni di poche migliaia di persone, perse la testa e commise il suo suicidio politico ordinando la repressione. L'entourage di Khamenei si è trovato ad affrontare di colpo la stessa situazione ed è ricorso alla repressione, ma contro manifestazioni molto più serie e numerose.
Nel 1978, in seguito ad alcune piccole manifestazioni, in provincia e non nella capitale, il regime dello Shah fu preso dal panico ed arrivò a decretare il coprifuoco notturno. Arresti di massa, istituzione di tribunali speciali, e pene severe per coloro che partecipavano alle manifestazioni, crearono un'atmosfera di terrore che di fatto impedì per qualche tempo ulteriori marce contro il regime. Tutti si convinsero che il regime aveva vinto e che la paura aveva soffocato la voce del popolo.
Il malcontento, allora, era decisamente meno diffuso di oggi. Specialmente tra le persone di mezza età con un'occupazione, che erano estremamente contrarie alle manifestazioni e le ritenevano pericolose o al più inutili. Essi erano convinti che il regime dei Pahlavi fosse solido e impossibile da sconfiggere. Per l'opposizione si trattava di un lavoro lento e difficile: si doveva prima convincere le persone che il regime era irreversibilmente corrotto, e solo per passi successivi poter arrivare a contare su un loro appoggio. Tutto ciò oggi è già stato raggiunto.
Un rapido sguardo alle date degli eventi della rivoluzione islamica è illuminante proprio per compendere la sostanziale rarità delle grandi manifestazioni:
1) "Le manifestazioni devono cointinuare tutti i giorni": la conseguenza logica è che, se per alcuni giorni non si verificano manifestazioni, allora il movimento è stato sconfitto.
Noi non abbiamo il dovere di manifestare per le strade tutti i giorni. Ciò che andava fatto è stato già fatto: milioni di persone hanno già dato uno schiaffo al potere. Ora dobbiamo organizzare il movimento nell'attesa di programmare e muovere i prossimi passi. Lasciamo che siano loro a pagare il costo politico che comporta il tenere per le strade un'apparato repressivo, nel timore che ci riversiamo di nuovo per la strada. [...]
Bisogna riportare le masse per le strade in un momento in cui ci sarà anche l'organizzazione necessaria, in caso di repressione, per un vasto sciopero generale. Sabato 1 di agosto, per la commemorazione del quarantesimo del martirio dei caduti del 30 giugno, potrebbe essere una buona giornata. C'è il tempo necessario per l'organizzazione e per minacciare il governo di iniziare uno sciopero in caso di repressione.
2) "Tutti i movimenti rivoluzionari devono avere dei leader". Con questo la propaganda filo-regime intende dire che l'assenza di una dirigenza paralizzerà il movimento.
La rivoluzione è il pensiero collettivo di una società volta ad ottenere obiettivi precisi attraverso un'azione armoniosa e coordinata. Nel 1978, la persona che venne poi riconosciuta come leader del movimento rivoluzionario, fino a 10 giorni prima del confronto finale non si trovava nemmeno nel paese.
Durante la rivoluzione egli si limitava ad inviare dei comunicati contenenti messaggi politici di natura assolutamente generica, senza dare alcuna direttiva di tipo organizzativo. Oltretutto, data l'assenza dei mezzi di comunicazione quali internet o telefoni cellulari, questi messaggi non giungevano che ad una parte minoritaria del movimento. Era il popolo che - in modo spontaneo - perseguiva l'obiettivo chiaro di rovesciare il regime e prendeva le iniziative necessarie.
Oggi si cerca di insinuare nel movimento il timore di un arresto di Moussavi, o di Karoubi. Hanno già arrestato più di cinquemila tra intellettuali ed attivisti politici. In questo modo vorrebbero far credere che il movimento riceverebbe un colpo mortale dall'arresto dei suoi "capi".
Ma il leader del popolo, in questo movimento, è il malcontento. L'ingiustizia, l'oppressione, l'imposizione di uno stile di vita di mille anni fa ad una società che ambisce a progredire, derisione e repressione delle tradizioni nazionali [preislamiche - ndt], il latrocinio della ricchezza pubblica e dei proventi del petrolio, l'umiliazione internazionale, assenza di libertà di pensiero e di parola [...].
Il movimento non appartiene ad una persona in particolare, uccidendo la quale si fermerebbe. Nasce dal fatto che il popolo desidera vivere meglio, lo merita, ed è persuaso di pagare dei costi per ottenere ciò che desidera. Questo desiderio, e nient'altro, è il "capo" del movimento.
3) "Il regime sta segretamente trattando con le potenze estere, che non appoggeranno più il movimento"
Il nostro movimento non ha bisogno dell'appoggio di nessun governo. L'opinione pubblica mondiale è istintivamente favorevole a qualunque movimento pacifico di liberazione. A parte questo, l'appoggio internazionale non può salvare il regime. Anche i russi e i cinesi presto assaggeranno lo schiaffo del popolo iraniano.
Questo argomento di propaganda da parte del governo ha una ragione politica: è il governo stesso che è in difficoltà sul fronte estero, e vuole in qualche modo convincere il popolo che la situazione è sotto controllo. Data questa contraddizione, presto l'argomento gli si rivolterà contro. Difatti, mentre l'appoggio dei governi stranieri non ha alcuna rilevanza per il movimento, tuttavia è molto probabile che presto, sotto la pressione delle loro opinioni pubbliche, saranno costretti a prendere posizioni forti contro il regime [...].
4) Disinformazione:
Cioè la diffuzione di notizie importanti ma non confermabili, che a prima vista sono vantaggiose per il movimento ma che, in ultima analisi, risultano false e portano all'assuefazione e alla disaffezione.
Notizie che un tal generale dei Pasdaran o un talaltro uomo politico si è unito al movimento, non devono essere diffuse senza fonte sicura [2]. E' ovvio che qualunque defezione nel fronte degli assassini è una buona notizia, ma bisogna sempre tenere presente che questo movimento prescinde dalle individualità.
Domani diranno che l'esercito si è ammutinato, o che una raffineria è esplosa, oppure che è iniziato lo sciopero dei lavoratori del petrolio, e poi due o tre giorni dopo si scoprirà che era falso. Così le notizie "interne" al movimento diventano inaffidabili e subentra una sorta di depressione e di disillusione. Noi non abbiamo alcun bisogno di queste "buone notizie": accertarsi della loro solidità prima di diffonderle.
5) "Confronto parallelo": ovvero seminare discordia tra le varie componenti sociali del movimento per deviarlo dal suo obiettivo principale.
Dato che sono le persone che compongono il movimento, vi sono anche delle oggettive differenze interne. Coloro che hanno la capacità di correre e lottare per la strada non devono criticare coloro che possono solo limitarsi a camminare. Non ci sono abitanti di Teheran o della provincia, ci sono solo iraniani. Se per qualche giorno non abbiamo notizie di iniziative da una città, state pur certi che si stanno organizzando. Pensiamo a ciò che dobbiamo fare noi e non lamentiamoci.
Diverse personalità con background politici differenti diranno le loro opinioni e faranno le loro proposte: non vanno ghettizzati. Ciascun iraniano, dentro o fuori dal paese, a Teheran o in provincia, di qualunque origine etnica, e in generale chiunque non sia al servizio del regime e supporti il movimento popolare sarà degno di rispettto presso il movimento stesso.
Non dimenticate che Khamenei e il suo entourage hanno in mano il potere da un ventennio. Tutte le istituzioni, dalla magistratura al governo, dal parlamento agli organismi militari e di ordine pubblico sono pieni dei loro adulatori e dei loro lacché.
Costoro hanno raggiunto ricchezze fantastiche grazie a questi loro legami, e faranno di tutto per conservarle. Ma state pur certi che la loro fedeltà è verso le loro ricchezze, non verso il Leader. L'unica loro speranza è che la gente smetta presto di agitarsi, e che venga zittito con un po' di concessioni inutili, bastoni e pallottole.
Se ciò non accadrà e le grida continueranno, il Leader vedrà ogni giorno vuoti più ampi nel suo schieramento. E noi non abbiamo alcuna fretta. Il Leader, appoggiando il governo golpista, ragliando minacce e ordinando la prepressione, in realtà ha già ingerito il veleno del suicidio politico. Dobbiamo solo aiutarlo affinché il veleno faccia effetto il prima possibile.
[1] L'articolo fa risalire le tecniche di guerra psicologica del governo ad un preciso addestramento da parte di specialisti cinesi e russi, ma non cita fonti.
[2] Mea culpa!
Lo svantagggio è che non si sa se Rafsanjani ci sarà e, soprattutto, non si sa cosa dirà. Insomma il movimento lo ritiene poco affidabile. Senza contare poi che una parte non secondaria del movimento non è gente che va alla preghiera. Vedremo se la notizia ha un fondamento.
Ma non volevo parlare di questo. Volevo tradurre da un blog in persiano un lungo e interessante articolo di analisi politica datato 07/07/2009, due giorni prima dei fatti del 9 luglio. L'articolo è lungo.
***
Le manifestazioni possono forse proseguire giornalmente?
Questo articolo dimostrerà che la gente non può manifestare tutti i giorni, e che ciò non deve essere interpretato come un calo di tensione nella lotta [...].
Il fine della guerra psicologica [1] di un governo dittatoriale è quello di infiltrare i mezzi di informazione del movimento con un insieme di notizie fallaci e ambigue, in modo da insiunuare la delusione e la disunione e, come obiettivo finale, paralizzare il movimento.
Tuttavia questa volta [rispetto al 1979 ndt] coloro che lottano nel sentiero della libertà hanno un immenso capitale politico accumulato negli ultimi 30 anni. La marcia del 20 giugno e la presenza di più di tre milioni di persone, nonostante le sensibili minacce all'incolumità fisica e le gravi carenze di mezzi di comunicazione, non aveva precedenti nemmeno nelle esperienze del 1979. Questa presenza ha dato un colpo spaventoso al regime ed all'equilibrio psicologico del Leader e del suo entourage.
In questo momento noi conserviamo il vantaggio di un consenso di massa dimostrato nei numeri e nelle strade, e questo capitale politico non svanirà così presto. Con l'orgoglio di chi sa di avere milioni di voci dalla sua parte, e con passione, dobbiamo solo evitare che questo prezioso capitale vada disperso.
Ma, come noi sappiamo di avere un largo consenso, ne è al corrente anche il governo, e ciò lo spaventa: il governo sa che, anche con un piccolo passo indietro, nuovamente milioni di persone si riverseranno per le strade [...].
Tenete presente che questo capitale politico è notevolmente superiore a quello di cui godeva il movimento rivoluzionario islamico all'inizio dei moti del 1978 [...]. Il Re, di fronte a marce e raduni di poche migliaia di persone, perse la testa e commise il suo suicidio politico ordinando la repressione. L'entourage di Khamenei si è trovato ad affrontare di colpo la stessa situazione ed è ricorso alla repressione, ma contro manifestazioni molto più serie e numerose.
Nel 1978, in seguito ad alcune piccole manifestazioni, in provincia e non nella capitale, il regime dello Shah fu preso dal panico ed arrivò a decretare il coprifuoco notturno. Arresti di massa, istituzione di tribunali speciali, e pene severe per coloro che partecipavano alle manifestazioni, crearono un'atmosfera di terrore che di fatto impedì per qualche tempo ulteriori marce contro il regime. Tutti si convinsero che il regime aveva vinto e che la paura aveva soffocato la voce del popolo.
Il malcontento, allora, era decisamente meno diffuso di oggi. Specialmente tra le persone di mezza età con un'occupazione, che erano estremamente contrarie alle manifestazioni e le ritenevano pericolose o al più inutili. Essi erano convinti che il regime dei Pahlavi fosse solido e impossibile da sconfiggere. Per l'opposizione si trattava di un lavoro lento e difficile: si doveva prima convincere le persone che il regime era irreversibilmente corrotto, e solo per passi successivi poter arrivare a contare su un loro appoggio. Tutto ciò oggi è già stato raggiunto.
Un rapido sguardo alle date degli eventi della rivoluzione islamica è illuminante proprio per compendere la sostanziale rarità delle grandi manifestazioni:
- 9 gen 1978 - Manifestazione a Qom (con morti)
- 18 feb - Manifestazione a tabriz nel quarantesimo dei morti di Qom
- 30 mar - Manifestazione a Yazd
- 15 giu - Sciopero generale e serrata nazionale
- 12 ago - Scontri sanguinosi a Isfahan, coprifuoco nella città
- 16 ago - Il premier Amuzegar dichiara il coprifuoco in tutto il paese
- 4 set - Marcia della festa del "Fetr" (immagine)
- 8 set - Venerdì nero
- 11 ott - Sciopero nazionale dei giornalisti
- 21 ott - Sciopero nazionale dei lavoratori del petrolio
- 4 nov - Massacro di studenti superiori e universitari all'Univ. di Teheran
- 1 dic - Il grido notturno di "Allahu Akbar" si sente dai tetti in tutto il paese
- 1 gen 1979 - Scontri sanguinosi a Mashhad
- 14 gen - "Shah raft!" ("il re se n'è andato!")
- 17 gen - Milioni di persone in marcia in tutto il paese
- 1 feb - Rientro di Khomeini in Iran
- 11 feb - Violentissimi scontri a fuoco finali tra la popolazione armata e i reparti dell'esercito ancora fedeli allo Shah. Il regime è spazzato via.
1) "Le manifestazioni devono cointinuare tutti i giorni": la conseguenza logica è che, se per alcuni giorni non si verificano manifestazioni, allora il movimento è stato sconfitto.
Noi non abbiamo il dovere di manifestare per le strade tutti i giorni. Ciò che andava fatto è stato già fatto: milioni di persone hanno già dato uno schiaffo al potere. Ora dobbiamo organizzare il movimento nell'attesa di programmare e muovere i prossimi passi. Lasciamo che siano loro a pagare il costo politico che comporta il tenere per le strade un'apparato repressivo, nel timore che ci riversiamo di nuovo per la strada. [...]
Bisogna riportare le masse per le strade in un momento in cui ci sarà anche l'organizzazione necessaria, in caso di repressione, per un vasto sciopero generale. Sabato 1 di agosto, per la commemorazione del quarantesimo del martirio dei caduti del 30 giugno, potrebbe essere una buona giornata. C'è il tempo necessario per l'organizzazione e per minacciare il governo di iniziare uno sciopero in caso di repressione.
2) "Tutti i movimenti rivoluzionari devono avere dei leader". Con questo la propaganda filo-regime intende dire che l'assenza di una dirigenza paralizzerà il movimento.
La rivoluzione è il pensiero collettivo di una società volta ad ottenere obiettivi precisi attraverso un'azione armoniosa e coordinata. Nel 1978, la persona che venne poi riconosciuta come leader del movimento rivoluzionario, fino a 10 giorni prima del confronto finale non si trovava nemmeno nel paese.
Durante la rivoluzione egli si limitava ad inviare dei comunicati contenenti messaggi politici di natura assolutamente generica, senza dare alcuna direttiva di tipo organizzativo. Oltretutto, data l'assenza dei mezzi di comunicazione quali internet o telefoni cellulari, questi messaggi non giungevano che ad una parte minoritaria del movimento. Era il popolo che - in modo spontaneo - perseguiva l'obiettivo chiaro di rovesciare il regime e prendeva le iniziative necessarie.
Oggi si cerca di insinuare nel movimento il timore di un arresto di Moussavi, o di Karoubi. Hanno già arrestato più di cinquemila tra intellettuali ed attivisti politici. In questo modo vorrebbero far credere che il movimento riceverebbe un colpo mortale dall'arresto dei suoi "capi".
Ma il leader del popolo, in questo movimento, è il malcontento. L'ingiustizia, l'oppressione, l'imposizione di uno stile di vita di mille anni fa ad una società che ambisce a progredire, derisione e repressione delle tradizioni nazionali [preislamiche - ndt], il latrocinio della ricchezza pubblica e dei proventi del petrolio, l'umiliazione internazionale, assenza di libertà di pensiero e di parola [...].
Il movimento non appartiene ad una persona in particolare, uccidendo la quale si fermerebbe. Nasce dal fatto che il popolo desidera vivere meglio, lo merita, ed è persuaso di pagare dei costi per ottenere ciò che desidera. Questo desiderio, e nient'altro, è il "capo" del movimento.
3) "Il regime sta segretamente trattando con le potenze estere, che non appoggeranno più il movimento"
Il nostro movimento non ha bisogno dell'appoggio di nessun governo. L'opinione pubblica mondiale è istintivamente favorevole a qualunque movimento pacifico di liberazione. A parte questo, l'appoggio internazionale non può salvare il regime. Anche i russi e i cinesi presto assaggeranno lo schiaffo del popolo iraniano.
Questo argomento di propaganda da parte del governo ha una ragione politica: è il governo stesso che è in difficoltà sul fronte estero, e vuole in qualche modo convincere il popolo che la situazione è sotto controllo. Data questa contraddizione, presto l'argomento gli si rivolterà contro. Difatti, mentre l'appoggio dei governi stranieri non ha alcuna rilevanza per il movimento, tuttavia è molto probabile che presto, sotto la pressione delle loro opinioni pubbliche, saranno costretti a prendere posizioni forti contro il regime [...].
4) Disinformazione:
Cioè la diffuzione di notizie importanti ma non confermabili, che a prima vista sono vantaggiose per il movimento ma che, in ultima analisi, risultano false e portano all'assuefazione e alla disaffezione.
Notizie che un tal generale dei Pasdaran o un talaltro uomo politico si è unito al movimento, non devono essere diffuse senza fonte sicura [2]. E' ovvio che qualunque defezione nel fronte degli assassini è una buona notizia, ma bisogna sempre tenere presente che questo movimento prescinde dalle individualità.
Domani diranno che l'esercito si è ammutinato, o che una raffineria è esplosa, oppure che è iniziato lo sciopero dei lavoratori del petrolio, e poi due o tre giorni dopo si scoprirà che era falso. Così le notizie "interne" al movimento diventano inaffidabili e subentra una sorta di depressione e di disillusione. Noi non abbiamo alcun bisogno di queste "buone notizie": accertarsi della loro solidità prima di diffonderle.
5) "Confronto parallelo": ovvero seminare discordia tra le varie componenti sociali del movimento per deviarlo dal suo obiettivo principale.
Dato che sono le persone che compongono il movimento, vi sono anche delle oggettive differenze interne. Coloro che hanno la capacità di correre e lottare per la strada non devono criticare coloro che possono solo limitarsi a camminare. Non ci sono abitanti di Teheran o della provincia, ci sono solo iraniani. Se per qualche giorno non abbiamo notizie di iniziative da una città, state pur certi che si stanno organizzando. Pensiamo a ciò che dobbiamo fare noi e non lamentiamoci.
Diverse personalità con background politici differenti diranno le loro opinioni e faranno le loro proposte: non vanno ghettizzati. Ciascun iraniano, dentro o fuori dal paese, a Teheran o in provincia, di qualunque origine etnica, e in generale chiunque non sia al servizio del regime e supporti il movimento popolare sarà degno di rispettto presso il movimento stesso.
Non dimenticate che Khamenei e il suo entourage hanno in mano il potere da un ventennio. Tutte le istituzioni, dalla magistratura al governo, dal parlamento agli organismi militari e di ordine pubblico sono pieni dei loro adulatori e dei loro lacché.
Costoro hanno raggiunto ricchezze fantastiche grazie a questi loro legami, e faranno di tutto per conservarle. Ma state pur certi che la loro fedeltà è verso le loro ricchezze, non verso il Leader. L'unica loro speranza è che la gente smetta presto di agitarsi, e che venga zittito con un po' di concessioni inutili, bastoni e pallottole.
Se ciò non accadrà e le grida continueranno, il Leader vedrà ogni giorno vuoti più ampi nel suo schieramento. E noi non abbiamo alcuna fretta. Il Leader, appoggiando il governo golpista, ragliando minacce e ordinando la prepressione, in realtà ha già ingerito il veleno del suicidio politico. Dobbiamo solo aiutarlo affinché il veleno faccia effetto il prima possibile.
[1] L'articolo fa risalire le tecniche di guerra psicologica del governo ad un preciso addestramento da parte di specialisti cinesi e russi, ma non cita fonti.
[2] Mea culpa!
***
Alla prossima.
grazie
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