domenica 5 luglio 2009

Post ideologico numero 3

Vi sono due condizioni necessarie affinché vi sia una rivoluzione. La prima è che il popolo sia sufficientemente insoddisfatto della propria condizione. La seconda è che l'insoddisfazione non venga percepita come condizione naturale ed ineluttabile dell'umano esistere. Potremmo dire che questa seconda condizione è un desiderio: il desiderio di un mondo diverso in cui i tuoi discendenti possano essere più felici di te.

La mancanza del desiderio è la ragione per cui molti popoli estremamente oppressi ed insoddisfatti - invero la maggioranza - non si ribellano alla loro condizione: "è sempre stato così, non ci si può fare niente".

Non sono frequenti popoli realmente pervasi da quel "desiderio". L'uomo oppresso tende a giustificare razionalmente la propria miseria. Persino lo schiavo trova delle giustificazioni nella schiavitù, perché altrimenti la sua vita gli sarebbe intollerabile. Io, ora, sto parlando da dentro una nazione che tollera cose che altri popoli ritengono intollerabili.

E' necessario che in seno a quel determinato popolo sia apparsa un'ideologia in contrasto con la condizione comune. Non è nemmeno necessario che una tale ideologia si sia diffusa in maniera cosciente: potrebbe anche essere rimasta sempre minoritaria ma aver influenzato la società - la sua percezione di "naturale" e "non naturale" e i suoi desideri - in modo irreversibile.

Gli storici persiani fanno risalire il "risveglio nazionale" iraniano al boicottaggio del tabacco, nel 1890. Ma non ne spiegano le ragioni. Com'è stato possibile che un clero totalmente remissivo nei confronti del potere monarchico, di colpo sia diventato portavoce di una borghesia autocosciente ed emancipata? Com'è possibile che ciò sia successo in Iran e non in India o in Egitto che per certi versi erano più progrediti?

E' che questi studiosi vorrebbero spiegare il fenomeno senza spiegarne la ragione, perché gli pesa, e la ragione si chiama "babismo". Anche se il babismo è rimasto minoritario, ha per sempre cambiato il volto del paese. Il babismo, cioè, è stato a mio parere quell'elemento ideologico senza il quale anche gli iraniani, oggi, starebbero lì a pensare che l'oppressione e la miseria siano fatti naturali ed ineluttabili.

Il babismo e il successivo bahaismo sono certamente eventi del tutto minoritari nel paese. Sul piano storico si tratta di un mero episodio. Ma, nonostante la feroce persecuzione che subì, è grazie ad esso che si diffuse quel "desiderio di utopia" senza il quale l'Iran non avrebbe mai avuto tre rivoluzioni in meno di un secolo. Ma non voglio mettere troppa carne a fuoco, torniamo a noi.

Posto che ad un certo punto il popolo è talmente insoddisfatto, e desidera talmente tanto un futuro diverso, da far scoppiare una rivoluzione, resta da definire che natura abbia quel "futuro" utopico desiderato. Le rivoluzioni sotto questo aspetto possono essere di due specie. Ma di questo parlerò domani.

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