venerdì 31 luglio 2009

Vacanze sui monti

Parto per un paio di settimane. Prima di salutarvi, un'ultima infornata di piccole notizie.

Manifestazioni:

Le commemorazioni del quarantesimo dei martiri sono stati un successo in termini di partecipazione e di "controllo del territorio". L'obiettivo fondamentale è quello di manifestare in tanti senza farsi arrestare o ammazzare, ed è ciò che è accaduto. Ma non volevo parlare di questo.

Teologia:

So che molti probabilmente non sono interessati alla teologia, e non lo sono nemmeno io nel modo "classico". Però trovo che vada capita, studiata, analizzata.

L'altro ieri leggo la replica di un tale su "balatarin". Commentava una frase che viene spesso ripetuta durante i sermoni del venerdì tenuti dai religiosi vicini alla corrente "hojjatyeh", che poi sono i veri ispiratori dell'attuale tentativo di trasformare la repubblica islamica in un regime islamico, come già è stato detto.

La frase è: "O Dio Grandissimo, dì al tuo Imam Nascosto di volgere il suo sguardo verso di noi".

L'Imam Nascosto, per chi non lo sapesse, è il dodicesimo imam degli sciiti duodecimani. Egli dovrebbe riapparire nel giorno della Resurrezione per condurre i fedeli verso il trionfo della giustizia. Di per sé sembra una delle tante frasi che si ripetono in preghiera senza porsi troppi perché, ma leggete cosa dice il tale (che sembra essere uno che ne mastica un po', di teologia):

"Osservate l'ordine gerarchico dell'invocazione: si chiede a Dio di intercedere per noi presso l'Imam Nascosto... Ma normalmente si chiede all'ente più vicino all'uomo, al più basso di grado, di intercedere presso il più alto in grado. Di dovrebbe chiedere a un Imam di intercedere presso Dio, non il contrario. Questa frase dimostra che per gli Hojjati Dio ha un grado più basso rispetto all'Imam Nascosto. Ne consegue che qui c'è in gioco molto, molto, molto più di una semplice elezione rubata".

Insomma costoro sono come uno che chiede allo Spirito Santo di intercedere presso San Gennaro! Hanno la stessa credibilità, teologicamente parlando.


La corrente Hojjatyeh fu aspramente criticata da Khomeini, il quale proprio negli anni ottanta, mentre li emarginava, appuntò Mir Hossein Mousavi come primo ministro. Non corre buon sangue tra gli Hojjati e Mousavi. La guida spirituale di Ahmadinejad, colui che fornisce la giustificazione religiosa del golpe - l'Ayatollah Mesbah Yazdi - è l'attuale "Darth Sidious" della corrente eretica.

Oh, ovviamente il termine "eretico" è un mio giudizio, e fra l'altro essere eretici nell'Islam è molto difficile. E' difficile nel significato che il termine assume per un cristiano. Ma sono convinto di trovare d'accordo con il mio giudizio, su questo pianeta, 19 musulmani su 20.

L'ascesa dell'influenza degli Hojjati sul potere dello stato è la ragione per cui i Grandi Ayatollah di Qom avrebbero recentemente minacciato di trasferirsi a Najaf, in Iraq. Qui chiederei a Paola Pisi - se mi legge - se ha notizie in merito. Certo che nel caso, Sistani ne dovrebbe sapere qualcosa. Si tratterebbe di un fatto con conseguenze importanti per chiunque abiti tra l'Eufrate e l'Indo...

E, per l'Iran, sarebbe anche una molto originale forma di separazione tra stato e chiesa: la chiesa è così schifata dallo stato che se ne separa di propria volontà!

Ciao a tutti fino al 16 agosto.

mercoledì 29 luglio 2009

Il conto del beccaio (and still counting)...

La lista dei caduti uccisi dalla polizia a partire dalla sera delle elezioni è arrivata a 66, a oggi. Ovviamente la lista è incompleta perché riporta solo i morti identificati con un nome. Come vedrete, l'informazione certa è la sessantasettesima vittima.

Ricordo che qualcuno ad un certo punto scrisse che la repressione iraniana ricorda più il G8 di Genova che piazza Tien An Men... Beh, qui sotto c'è un bel piatto pieno di merda, e a costui spetta una porzione da 66 cucchiaiate. Salvo riservargliene qualche mestolata in più tra qualche settimana mano a mano che i conti si fanno più precisi.

In generale il governo ha cercato di centellinare e procrastinare il più possibile la restituzione dei corpi. Spesso sono passati decine di giorni dalla morte prima che venissero restituiti.

La restituizione è quasi sempre avvenuta dietro il rilascio di 3 precise garanzie da parte della famiglia: a) i funerali devono essere tenuti in forma rigorosamente privata, b) nessun discorso o slogan durante la cerimonia, c) la lapide non deve riportare la causa di decesso. Tutto questo risulta confermato da più fonti, nonché dalle dichiarazioni degli stessi famigliari.

Ora la parte più penosa del post: il body-count.

1) Neda Salehi Agha Soltan: 24 anni, impiegata, uccisa il 20 giugno da un colpo d'arma da fuoco. La sua morte è stata ripresa in un famoso filmato.

2) Ashkan Sohrabi: 18 anni, studente. Colpito da arma da fuoco.

3) Bahman Jenabi: 20 anni, operaio in un negozio di manutenzione impianti di riscaldamento. Colpito da arma da fuoco.

4) Hossein Tahmasbi: 25 anni. Durante una manifestazione di protesta a Kermanshah (Kurdistan) viene circondato dalle forze antisommossa e bastonato a morte di fronte un centinaio di testimoni. Morte per trauma cranico.

5) Kianush Asa: studente universitario, età ignota. Arrestato il giorno 15 giugno durante la manifestazione di piazza Azadi a Teheran per riapparire il 25 giugno sul tavolo dell'obitorio col corpo coperto di lividi e fratture. Sepolto nella città di Kermanshah.

6) Mehdì Karami: 25 anni. Ucciso il 15 giugno durante una manifestazione, colpito al collo da arma da fuoco. Sepolto a Mashhad.

7) Mostafà Ghanian: studente universitario. Ucciso da un colpo di arma da fuoco il 15 giugno durante una manifestazione. Sepolto a Yasuj.

8) Mohammad Hossein Barzegar: 25 anni, diploma di istituto professionale. Ucciso il 17 giugno colpito da un proiettile alla testa durante la manifestazione di piazza Hafte Tir. Sepolto dietro rilascio di garanzia da parte della famiglia.

9) Reza Tabatabai: impiegato ragioniere, 30 anni. Colpito da arma da fuoco il 17 giugno e sepolto dietro rilascio di garanzia da parte della famiglia.

10) Iman Hashemi: 27 anni, lavoratore autonomo. Colpito da una pallottola all'occhio il 20 giugno.

11) Parisa Kolli: 25 anni laureata in lettere. Colpita al collo da una pallottola il 20 giugno.

12) Mohsen Haddadi: 24 anni, programmatore. Colpito da una pallottola alla fronte il 20 giugno.

13) Mohammad Nikzadi: 22 anni laureato, ucciso in piazza Vanak il 16 giugno con un colpo d'arma da fuoco al petto.

14) Ali Shahedi: 24 anni. Arrestato il 21 giugno, muore nella caserma di polizia per "ragioni ignote" (medico legale). La famiglia sostiene che è stato ucciso a manganellate.

15) Vahed Akbari: 34 anni, lavoratore autonomo padre di una bambina di 3 anni. Colpito al fianco da una pallottola e ucciso il 20 giugno.

16) Abolfazl Abdollahi: 21 anni elettrotecnico. Ucciso il 20 giugno colpito da un proiettile alla nuca, di fronte all'università.

17) Salar Tahmasbi: studente universitario di Rasht, 27 anni. Ucciso il 20 giugno, colpito alla testa da un proiettile.

18) Fahimeh Salahshur: 25 anni diplomata. Morta il 16 giugno per un trauma cranico riportato in seguito ad una manganellata.

19) Vahid Reza Tabatabai: 27 anni laureato in lingue. Ucciso il 16 giugno da un colpo d'arma da fuoco.

20) Farzad Jashni: residente dell'Elam, si trovava a Teheran per turismo. Il 16 giugno viene ucciso durante una carica dell'antisommossa. Non si sa molto altro.

21) Shalir Khazari: studente universitario fuori sede ucciso il 16 giugno. Sepolto a Piranshahr.

22) Yaqub Barvayeh: 27 anni studente di teatro. Il 25 giugno un cecchino bassij appostatosi sul tetto della moschea Loulagar di Teheran lo colpisce alla testa. Morirà in ospedale. Il corpo è stato sequestrato dalla polizia e dopo 48 ore ne è stata comunicata la sepoltura alla famiglia.

23) Kaveh Alipur: 19 anni. Ucciso da un colpo d'arma da fuoco il 20 giugno. Per restituire il corpo, la polizia avrebbe preteso 3000 dollari per ripagare le pallottole...

24) Said Abbasifar Golchi: 24 anni esercente in un negozio di calzature. Ucciso il 20 giugno colpito da un proiettile.

25) Nasser Amirnejad: 26 anni studente universitario, colpito in piazza Azadi da una caserma di bassij il 20 giugno.

26) Mabina Ehterami: uccisa "all'arma bianca" il 14 giugno durante il raid dei bassij al dormitorio dell'università di Teheran. Sepolta a Behbohan.

27) Fatemeh Barati: uccisa il 14 giugno durante il raid dei bassij al dormitorio dell'università di Teheran.

28) Kasra Sharghi: ucciso il 14 giugno durante il raid dei bassij al dormitorio dell'università di Teheran.

29) Kambiz Sho'ai: ucciso il 14 giugno durante il raid dei bassij al dormitorio dell'università di Teheran.

30) Mohsen Imani: ucciso il 14 giugno durante il raid dei bassij al dormitorio dell'università di Teheran. I corpi di questi 4 studenti non sono stati consegnati alle famiglie. La loro morte è data per certa dai testimoni.

31) Fatemeh Rajabpour: uccisa insieme alla madre il 20 giugno, entrambe colpite da proiettili al fianco e alla gola. Il padre assiste alla morte della figlia e della moglie.

32) Sorur Borumand: madre di Fatemeh Rajabpour.

33) Alireza Eftekhari: 24 anni, giornalista, ucciso il 20 giugno. Il corpo viene consegnato alla famiglia 25 giorni dopo l'uccisione.

34) Ahmad Naim Abadi: ucciso il 15 giugno dai cecchini della caserma bassij 117, in piazza Azadi.

35) Nader Nasseri: ucciso il 20 giugno, sepolto a Babol.

36) Massoud Khosravi: ucciso il 15 giugno in piazza Azadi.

37) Massoud Hashem Zadeh: ucciso vicino a casa il 20 giugno da un colpo d'arma da fuoco. Alla famiglia non è stata consentito inumarlo a Teheran. E' stato sepolto nel villaggio di origine nella regione del Gilan.

38) Iman Namazi: studente, ucciso il 15 giugno di fronte all'università.

39) Salar Ghorbani: 22 anni.

40) Hossein Toufanpur: fermato il 20 giugno durante una manifestazione. Secondo i testimoni gli sono state rotte entrambe le braccia a bastonate, ed infine gli hanno sparato un colpo in testa. Risulta sepolto nel cimitero di Teheran nel loculo 233. La famiglia afferma di aver rifiutato la richiesta di denaro per il riscatto del corpo.

41) Tina Soudi: studentessa uccisa il 20 giugno. La famiglia afferma che la restituzione del corpo sarebbe condizionata ad una loro conferma che la morte sarebbe stata accidentale.

42) Hossein Akhtarzand: ucciso durante una manifestazione ad Isfahan. Era single ma provvedeva alla madre e ai fratelli.

43) Jafar Bruvayeh: universitario ucciso il 28 giugno di fronte al parlamento. Sepolto nella città natìa di Ahvaz con la presenza delle forze di polizia.

44) Hamid Madah Shurcheh: insieme ad un gruppo di altri studenti ha inscenato un sit in di fronte alla moschea di Gouharshad ed è stato arrestato. E' morto a causa di un trauma cramico riportato sotto tortura.

45) Maryam Mehr Azin: 24 anni, uccisa da un colpo di arma da fuoco in via Azadi.

46) Milad Yazdan Panah: 30 anni, ucciso da un colpo di arma da fuoco in via Azadi.

47) Hamed Besharati: 26 anni, ucciso da un colpo di arma da fuoco in via Azadi.

48) Babak Sepehr: 35 anni, ucciso da un colpo di arma da fuoco in via Azadi.

49) Neda Assadi.

50) Amir Kaviri: diplomato al al liceo Tatbighi di Teheran.

51) Farzad Hashti.

52) Amir Toufanpour (da confermare).

53) Mohammad, 12 anni (da confermare)

54) Mahram Chegini Gheshlaghi: 34 anni.

55) Mohammad Hossein Feizi: 24 anni.

56) Ramin Ramezani: 22 anni.

57) Sohrab A'rabi: 19 anni ucciso sotto tortura nel carcere di Evin. Arrestato il 20 giugno. Dopo diverse settimane di ricerca, la madre scopre che si trova nel carcere di Evin. Si presenta con una foto del figlio e sta lì davanti per ore tutti i giorni, come un animale che ha perso i cuccioli e continua ad andare avanti e indietro inutilmente nel posto in cui li ha visti l'ultima volta. Dal carcere continuano a dirle di aspettare, che sarà liberato. Alla fine il procuratore di Teheran, Mortazavi, gran figlio di puttana e torturatore, dichiara la morte del ragazzo e la famiglia viene chiamata per ritirare il corpo. La madre è stata recentemente visitata sia da Karobi, sia da Mousavi, ed è stata sentita anche in consiglio comunale a Teheran.

58) Davud Sadri: 24 anni, ucciso il 15 giugno.

59) Arman Estakhri Pour: ucciso a Shiraz da una manganellata che gli provoca un trauma cranico.

60) Said Esmaili: 23 anni, trauma cranico da manganellata, sepolto nel paese natio nel Turkmenistan iraniano.

61) Mehrdad Heydari: giornalista assassinato a Mashhad dopo un suo articolo estremamente critico contro la pratica delle confessioni sotto tortura.

62) Ali Fathalian: un altro ucciso dai cecchini bassij appostati sul tetto della moschea Loulagar il 25 giugno.

63) Taraneh Mousavi: prelevata da una squadra bassij di fronte alla moschea Qoba durante la manifestazione del 28 giugno. Durante l'arresto viene ripetutamente stuprata, uccisa, e il corpo dato alle fiamme.

64) Hossein Kazemini: 19 anni.

65) Moqazzez (nome ignoto): 27 anni, colpito nell'occhio da un proiettile il giorno 20 giugno.

66) Mohammad Kamrani: tratto in arresto durante una manifestazione, la famiglia lo trova legato al letto di un ospedale, in fin di vita, febbre alta e col corpo pieno di escoriazioni e lividi da bastonata. Riescono a spostarlo in un altro ospedale ma la setticemia lo stronca.

Vi saluto. Ho bisogno di vedere un paio di film comici di fila.

Quaranta

Domani cade il quarantesimo dei martiri del venti giugno. Sono previste manifestazioni di commemorazione un po' in tutto il paese. Negli ultimi giorni si sta scoprendo la reale entità del numero dei morti, purtroppo molto alto. Si scoprono anche dei dettagli delle condizioni disumane di detenzione presso alcuni carceri (tra i quali quello di Kahrizak di cui dirò domani).

Tenuto conto di questo il movimento sta cercando di far sentire la sua presenza vicino ai famigliari dei caduti, i quali hanno dovuto firmare dichiarazioni di accusa a Mousavi e di 'manleva' verso il regime persino per avere indietro il corpo del proprio caro. In Iran ormai si tengono in ostaggio anche i cadaveri.

Traduco questo 'fondo' da Peiknet.

***

Domani si terrà la commemorazione dei primi caduti per mano del golpe. Mousavi e Karoubi hanno informato il ministero degli interni in una dichiarazione congiunta. Anche se uno dei sottosegretari del ministero ha dichiarato che non è stata rilasciata alcuna autorizzazione per questa manifestazione, ormai nessuno ci fa più caso.

Mousavi e Karoubi sapevano già che il governo non sarebbe stato d'accordo. Un governo che teme l'aumento del numero dei passanti sui marciapiedi del centro, un governo che sospetta che chiunque possa da un momento all'altro trasformarsi in un manifestante e dare slogan, come potrebbe essere d'accordo con questa commemorazione?

Perciò entrambi gli schieramenti faranno ciò che devono fare. Tant'è che anche senza la chiamata ufficiale di Mousavi e Karoubi il movimento sarebbe comunque sceso per le strade a commemorare i suoi caduti. L'atteggiamento più intelligente da parte del governo sarebbe quello di consentire la manifestazione tanto più che sarà guidata dalla moderazione di personaggi come Karoubi, Mousavi o Khatami. Ma quale governo goplpista della storia si è mai distinto per la sua saggezza?

E così ancora una volta il popolo e le forze della repressione si troveranno uno di fronte all'altro. La verità è che la gente non ha più paura perché è conscia del fatto che il governo ha già fatto tutto ciò che poteva in questi 50 giorni. Tutti sanno ormai cosa succede nelle celle di isolamento di Kahrizak. Non può accadere nulla di peggio.

Un colpo di stato che non riesca a restare stabilmente al potere nelle prime 48 ore in genere è destinato al fallimento, e qui sono già passati 50 giorni. In questo periodo, incidente dopo incidente, le forze golpiste si sono assottigliate. E sebbene le defezioni non si siano unite al movimento, comunque si sono fatte da parte. In particolare si è formato un largo schieramento composto dai religiosi e ayatollah che fronteggiano la Guida e la presidenza, e ne minano la legittimazione islamica.

Forse questa spaccatura nella destra del regime diminuirà il rischio di repressione, nella giornata di domani. Forse la presenza di Mousavi, Karoubi, ed altri personaggi che hanno dichiarato la loro presenza, tra cui l'ayatollah Sanei, diminuiranno il costo della manifestazione in termini di ferimenti, arresto o uccisioni.

Moderazione e violenza si confronteranno ancora una volta. Tutte le nostre fonti confermano una vasta mobilitazione del movimento per la cerimonia di domani, che sia autorizzata o no. Che partecipi Mousavi o che ne venga impedita la partecipazione. Gli "allahu Akbar" di stanotte erano già un'avvisaglia del numero e dell'autonomia del movimento: nessuno è in attesa di un condottiero, di un capo.

Questo punto fondamentale è stato più volte sottolineato dallo stesso Mousavi: non siamo in presenza di un movimento gerarchico. Il movimento non è una piramide, ed l'arresto di un certo numero di personaggi in vista non ne causerà la dispersione. E' una rete. Una rete che avvolge tutto il paese.

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giovedì 23 luglio 2009

Breve storia della melanzana...

...ovvero alcune parole sull'uso del "chador", il velo islamico persiano.

Come ho detto su Don Chisciotte in risposta a qualcuno, usando un elegante francesismo, il velo islamico non è una moda né una simpatica tradizione esotica del cazzo. E' un fatto ideologico, cioè politico, ed ha una funzione che - pur essendo banale - proveremo ad analizzare.

Ma, per farlo, dobbiamo prima raccogliere alcuni elementi storici e teologici, senza la pretesa di essere esaurienti e premettendo che parleremo solo della realtà iraniana per evitare di parlare di cose che non conosco così bene.

Forse il periodo peggiore è stato quello della dinastia Qajar (al quale l'immagine in alto a sinistra si riferisce). Perché corrisponde all'inizio della graduale urbanizzazione del paese e, contrariamente a quel che si può credere, nelle città le donne si vestivano in modo meno libero che nei villaggi. Confrontate la foto di sopra con le due qui sotto:


La foto a destra è contemporanea a alla prima immagine in alto a sinistra, e ritrae un gruppo di donne kurde. Quella a sinistra è di oggi e ritrae alcune donne vestite in abiti tradizionali del Gilan, il paradiso nel quale ho passato la mia infanzia. In entrambi i casi noterete che l'abbigliamento ha rispetto per la bellezza femminile pur essendo modesto, mentre nella prima immagine vedete solo delle melanzane. Qual è la ragione di questa differenza nello stesso contesto nazionale? Perché il vestito tradizionale nei villaggi non estirpava la bellezza femminile, mentre quello delle città le rendeva ombre, fantasmi neri?

La ragione - una delle ragioni - è che le contadine lavoravano nei campi, collaboravano cioè al reddito famigliare. Nel Gilan si incontrano spesso delle contadine nella risaia, con la gonna tirata su come Silvana Mangano in "Riso Amaro". E nessuno dice nulla, è del tutto normale.

L'obbligo giuridico dell'abbigliamento femminile islamico, in Iran, apparve con la Rivoluzione del 1979 ed è una cosa che si deve direttamente a Khomeini. L'ayatollah Taleghani, che ai tempi aveva forse anche più seguito di Khomeini, lo considerava opzionale. Poi Taleghani morì molto presto, così passò la linea di Khomeini. No, decisamente non è una tradizione millenaria, né una moda. E' un fatto politico.

L'origine:

Andiamo all'origine del problema: Corano, Sura della Luce, versetto 31:

و قل للمؤمنات یغضضن من ابصارهن و یحفظن فروجهن و لایبدین زینتهن الا ما ظهر منها و لیضربن بخمرهن علی جیوبهن

La cui traduzione letterale è: "e dì alle credenti di abbassare i loro sguardi e di custodire le loro vergogne e che non mostrino le loro bellezze tranne quelle palesi, e di coprire col velo i loro seni". Ora non so voi, ma a me pare che tra questo e la trasformazione della donna in una melanzana sia intervenuta una certa eterogenesi dei fini...

Il buon senso e la moderazione direbbero che con "abbassare lo sguardo" si intenda semplicemente "non civettare". Eppure ancora di recente c'è stata una fatwa in Arabia Saudita che ritiene superfluo che le donne guardino fuori dal velo con due occhi, uno basta e avanza. Anche in altre parti del mondo - lungo la storia dell'Islam - nell'interpretare quel "abbassare lo sguardo", il sostantivo غض è stato interpretato nel significato letterale di "cecità". Ma bontà loro non hanno cavato gli occhi alle donne, le hanno solo coperto completamente il volto.

Anche sul concetto delle grazie da coprire dagli sguardi si potrebbe discutere a lungo, visto che il Corano ordina "tranne quelle palesi". Mani, ma fino a dove? Piedi, fino a dove? Il volto. Compreso il collo? Che bisogna coprire le tette è abbastanza chiaro, ma i capelli? Vedete, io sono convinto che Dio abbia avuto fiducia nel buon senso degli uomini e nella loro capacità di capire lo spirito di quel versetto. Il problema è che Dio è eccessivamente ottimista.

Non sarebbe importante quali sono le bellezze palesi: esse possono cambiare con l'evolversi del gusto, dei costumi, della morale. Il punto è che non bisogna guardare a ciò che è palese sbavando, perché uno che sbava fa un po' schifo a tutti. Come non bisogna esagerare a palesare. Il resto è buon senso.

Ma i musulmani per generazioni hanno insistito: quanti centimetri di mano si possono far vedere? il gomito? non vi pare estremamente sexy il gomito? Insistevano. Con l'insistenza tipica di chi ha capito benissimo lo spirito della legge, ma continua a cercare cavilli per violarla. E così gli imam, che conoscevano la loro gente, per ogni norma hanno sempre fornito l'interpretazione più restrittiva, più letterale: è consentito al marito di segregare in casa una moglie infedele? Allora vuol dire che la si può anche murare viva... C'è del diabolico in questa tendenza a violare la legge applicandola alla lettera.

La funzione:

Dato che le donne non nascono melanzane, e dato che certo il chador non serve a coprirsi dal freddo, è ovvio che nel velo c'è un significato che trascende la semplice funzione di vestiario. La risposta di un difensore del velo è che si vorrebbe salvaguardare l'integrità morale degli uomini: essi finirebbero per essere provocati dalla bellezza femminile e dunque sarebbe giusto che tale bellezza sia celata.

Il ragionamento è stupido e disonesto. Se in Arabia Saudita c'è una fatwa che vorrebbe coprire anche uno dei due occhi che sbucano dal sacco, significa che qualcuno si sente provocato persino dalla vista dei soli occhi! Persino in assenza delle donne, molti uomini si sentono provocati dai ragazzini, come succede in ogni caserma, in ogni carcere, in ogni convento del mondo.

Qualcosa provocherà sempre l'appetito maschile: è il maschio che dovrebbe resistere. Questa è la prova di fronte alla quale lo ha posto quel Dio in cui dice di credere, e non è opprimendo e soffocando la normale vita di un altro essere umano che supererà la sua dannatissima prova.

Ma andiamo più a fondo della questione.

Da una parte del mondo abbiamo uomini che non amano essere provocati sessualmente e perciò trasformano le donne in melanzane. Da un'altra parte del mondo abbiamo uomini che desiderano essere provocati. In questa parte del mondo, la società impone un modello di bellezza femminile che può rendere la vita un inferno a moltissime e, pur senza una legge specifica, l'imposizione viene rispettata grazie al conformismo.

In entrambi i casi c'è un fatto imprescindibile: è l'uomo che impone il suo desiderio alla donna, anche se con mezzi opposti. Ed è qui che, in entrambi i casi, si può parlare di sfruttamento, diseguaglianza, discriminazione. La differenza è che la donna iraniana ha la speranza di liberarsi da una condizione imposta ex-lege. La donna occidentale è teoricamente libera, ma nella pratica la sua libertà è soffocata dal conformismo di massa alla quale lei stessa collabora.

Riassumendo: la funzione di una "uniforme femminile", sia essa il chador o quindici cemtimetri di tacco, è quella di ricordare alla donna che è una donna: ricordarle che come tale il suo fisico esiste in funzione dei desideri e delle priorità dell'uomo. Laddove l'uomo non vuole essere provocato per paura di Dio, essa entra in un sacco. Dove l'uomo desidera essere provocato, fa vedere quel che deve far vedere, e nel modo in cui lo desidera l'uomo. Senza fiatare, anzi, spesso asserendo che tutto questo è normale, che è sempre stato così, che le piace. Collaborando. Così come gli schiavi collaboravano coi loro padroni.

lunedì 20 luglio 2009

Esistono gli ufi? E se esistono, hanno il raggio della morte?

Gli imbecilli possono avere una loro utilità. Possono far sì che metti in dubbio un determinato atteggiamento mentale che a volte è stato anche il tuo. Così rinvigoriscono un sano scetticismo che forse avevi perso. Almeno questo è l'effetto di un certo tipo di commenti sulla crisi iraniana che ho avuto modo di conoscere recentemente.

Prendiamo ad esempio un tale che fa una simile equazione: Ahmadinejad ha aumentato le pensioni e perciò sicuramente ha avuto un consenso elettorale che giustificherebbe i 24 milioni di voti che si è affibbiato. Il ragionamento è idiota sotto diversi punti di vista.

Anzitutto c'è un "non sequitur" implicito nel ritenere automaticamente fruttifero di consenso elettorale una politica che si crede popolare. Esempio: l'abolizione del ticket sui medicinali nel 2006 da parte di Prodi non ha pagato in termini elettorali, al più è stato neutro.

Cosa sa o crede di sapere questo tale sulla composizione demografica iraniana? A prescindere da ciò che costui crede di sapere, quanti sono i pensionati in Iran? Il punto è importante, dato che la tesi è che Ahmadinejad ha preso sicuramente quei voti perché ha aumentato le pensioni. Sapendo che in Iran si va in pensione a 65 anni, e che solo il 5% del paese ha più di 65 anni, l'importanza di un simile provvedimento è alta o bassa nella realtà locale? Costui si è mai posto il problema?

Prendiamo la questione del complotto CIA che avrebbe - udite udite - corrotto milioni di persone e le avrebbe spinte in piazza. Dico, questa gente ha il coraggio di definirsi marxista-leninista, poi scarica le ragioni di un conflitto sociale di enormi dimensioni non sulla dialettica sociale e le sue ragioni, ma sul complotto mediatico. Oltretutto la cosa più de-responsabilizzante che esista al mondo!

E' proprio l'approccio mentale che è errato. C'è un filmato interessante di Ahmadinejad che visita un paesino povero durante la campagna elettorale (il filmato è della TV di stato). Dopo che il presidente illustra la necessità di dotarsi di energia nucleare, si alza un vecchietto che si presenta come padre di due caduti in guerra, e si lamenta che il villaggio non ha acqua potabile. Il presidente gli spiega che negli USA ci sono 40 milioni di senzatetto. Giuro.

Ripeto: è proprio l'approccio mentale che è errato. Questa gente è convinta che al vecchietto che chiede acqua interessi il fatto che in america ci sono milioni di senzatetto. Questa gente è convinta che alla diciottenne alla quale è impedito di innamorarsi, di "allontanare gli intrusi dalle proprie emozioni", interessi il fatto che a Gaza gli israeliani si comportano da criminali. Questa gente è convinta che un onesto musulmano tradizionalista e religioso debba incazzarsi se ad ammazzare i musulmani sono gli ebrei, e non battere ciglio se sono gli atei cinesi o i russi ortodossi.

In una parola, questa gente è convinta che in tutto il mondo i temi del confronto politico e sociale siano gli stessi dell'isola felice in cui vive. Credono che tutto il mondo abbia tempo di occuparsi delle stronzate di cui si parla passeggiando sulla Rive Gauche, con un baschetto infilato sulla zucca e leccando un cono gelato. Illustrano i pericoli del consumismo a chi non consuma. Un po' come un profeta cretino che apparisse tra gli eschimesi e dicesse che i peccatori nell'aldilà saranno torturati col caldo!

Troppo pasciuti per immaginare che qualcuno possa essere disposto a farsi ammazzare per le proprie idee, ecco che qualunque movimento diventa un "complotto eterodiretto".

Noto questa tremenda concentrazione di imbecilli solo perché conosco a fondo la realtà iraniana, ed ecco che mi assale un tremedo, orribile dubbio. Se ho mai avuto un atteggiamento del genere verso situazioni che non conoscevo quanto quella iraniana, chiedo perdono a me stesso e a chiunque possa essersi sentito nauseato da me. E Dio sa se cercherò di evitarlo in futuro.

domenica 19 luglio 2009

Analisi politica del sermone di Rafsanjani

Non amo i mullah. Non amo nemmeno i miliardari, e Rafsanjani è entrambe le cose. Riesco però a riconoscere l'intelligenza e la capacità politica quando le vedo, e ancora una volta Rafsanjani le possiede entrambe.

La sua capacità di attraversare indenne tre decenni post rivoluzionari, diventando pilastro di una repubblica islamica che ha molto presto cominciato a divorare i propri figli, ricorda un altro ricco prete vissuto ai tempi di un'altra rivoluzione: Talleyrand.

Il discorso di ieri è stato un capolavoro di retorica e di fermezza. Senza mai nominare il governo in carica - quasi non ve ne fosse uno - Rafsanjani offre la sua ricetta per uscire dalla crisi: ritornare tutti alla legge repubblicana, liberare i prigionieri, ripagare i parenti delle vittime della repressione, smettere di occupare la televisione e la stampa.

Ha chiaramente criticato il Consiglio dei Guardiani ("non ha fatto un buon uso dei cinque giorni in più concessoi dalla Guida"), e ha persino criticato lo stesso Khamenei con una parabola: Alì stesso non si è imposto ad un popolo che non lo voleva, pur sapendo di essere stato scelto da Maometto. Ha aspettato 19 anni prima di diventare califfo, finché il popolo lo ha accettato. Chi ha orecchie intenda.

Infine, non è mai entrato nel merito della questione-brogli e si è guardato bene dal consigliare a Moussavi di accettare il risultato elettorale per il bene della patria. Insomma non ha affatto dato un colpo al cerchio e uno alla botte: i colpi li ha dati solo alla botte.

La TV iraniana ha cercato di dare uno "spin" moderato a questo discorso, sottolineandone solo l'auspicio di unità nazionale. Ma anche quando Rafsanjani ha parlato di un rientro nella legalità, non ha mancato di sottolineare: "tutti devono farlo, chi contesta, il governo, il parlamento, le forze dell'ordine, le istituzioni... tutti".

Il movimento era sulle spine. Molti non volevano partecipare. Si temeva che col suo discorso Rafsanjani avrebbe costretto Moussavi ad accettare il risultato elettorale, e che il movimento ne sarebbe uscito castrato. Ma i timori si sono rivelati infondati. Rafsanjani è un animale politico, fiuta la gente, e soprattutto fiuta il vento politico. Era la sua ultima occasione (fuori, prima del sermone, cantavano "Hashemi, se taci sei un traditore"), l'ha afferrata e il movimento lo ha magnanimamente accolto tra le sue braccia.

La partecipazione popolare è stata davvero incredibile, mai vista per una preghiera collettiva nemmeno ai tempi di Khomeini. Siamo agli stessi livelli delle manifestazioni massicce di giugno, quindi tra il milione e mezzo e i due milioni e mezzo di persone.

Si è cercato di evitare slogan direttti contro Khamenei. Ma spesso, molto spesso, si è cantato "morte alla Russia" (e un po' meno spesso "morte alla Cina"). E' un fatto politico notevole perché, che sia vero o no, la gente vede dietro al golpe la mano della Russia. Questo potrebbe avere effetti non da poco nello scacchiere centro asiatico, da qui a cinque anni.

Anche su questa questione viene fuori il grande vantaggio politico del movimento: sia la Russia che la Cina ci hanno dato dentro molto ferocemente contro i musulmani in Sinkiang-Uigur e nel Caucaso. Il fatto che nella Repubblica Islamica non si senta mai cantare "morte a..." verso questi due paesi, è un problema di incoerenza per un regime che fa affari con loro.

Il movimento, con un'intellienza politica che non ci si aspetterebbe dalle masse ma che esse hanno, allarga questa contraddizione e la sbatte in faccia al regime. Un regime che fa affari con nazioni che massacrano musulmani, un regime che arresta, carica, bersaglia di lacrimogeni una folla di fedeli che va alla preghiera del venerdì, prima ancora di aver perso la legittimità interna ha perso qualunque legittimità nei confronti della "umma" islamica.

Riassumendo: la preghiera collettiva dell'altro ieri, i temi che sono emersi, il modo in cui sono emersi, e l'attacco dell'antisommossa contro i fedeli in preghiera, ha rafforzato ulteriormente il movimento sotto tre aspetti.

Il primo è l'uscita allo scoperto di una "sponda politica" del movimento presente nelle istituzioni repubblicane: Rafsanjani ha parlato come uomo delle istituzioni, cioè in pratica nel ruolo di colui che sceglierà il prossimo Leader, e che può mettere sotto questione l'operato di quello in carica.

Il secondo aspetto è l'ulteriore dimostrazione di forza del movimento: nuovamente a milioni nelle strade. Venerdì per alcune ore si aveva l'impressione che la città fosse controllata dal movimento e non dal regime: cortei davanti al ministero degli interni, la TV nazionale assediata, e resistenza alle cariche della polizia. Inoltre si ha notizia di disordini, anche gravi, a Mashhad (dov'era presente Ahmadinejad), a Shiraz, a Isfahan e a Tabriz.

Il terzo punto, forse il più importante, è la maggiore chiarezza della situazione via via che gli eventi politici si evolvono. E' sempre più chiaro cioè che il regime si sta reggendo sulla sola forza militare e su un appoggio politico del tutto minoritario anche dentro le istituzioni: Hashemi Rafsanjani si porterà dietro una fetta non irrilevante dell'estabilishment.

Infine, sempre a questo riguardo, anche ideologicamente parlando il regime è "solo": qualche giorno fa tradussi una lettera di un "marjà" di Qom a Moussavi, in cui il religioso esprimeva la sua preoccupazione per la trasformazione della Repubblica Islamica in un "regime islamico". Oggi tutto questo ha ormai un altro colore: non siamo nemmeno più di fronte a un regime islamico, ma a un regime e basta.

A fine anni novanta molti religiosi, politici e sociologi, discutevano di un progressivo disinteresse dei giovani per l'Islam e per i valori della rivoluzione, e ne erano preoccupati. Oggi questo processo è giunto al suo culmine, perciò avevano ragione. Ma sbagliavano obiettivo: il processo di de-islamizzazione è in uno stato molto più avanzato tra gli uomini del regime e il suo apparato di repressione militare, che non tra le ragazze senza chador e tra i ragazzi col codino. In fondo questi non hanno mai attaccato o preso a bastonate una folla in preghiera!

venerdì 17 luglio 2009

La Repubblica Islamica ha un nuovo record...

...quello di essere l'unico stato islamico del mondo a manganellare gente che ha appena partecipato ad una preghiera collettiva [1]. Potrei sbagliarmi ma credo non sia capitato nemmeno nell'Algeria militarizzata dopo l'uccisione di Boudiaf. Forse nemmeno nella Turchia ultra-laica di Ataturk.

Traduco un post dal blog Tourjan. Ricordo che Tourjan è il blog di uno studente di teologia di Qom che risponde al nome di Alì Ashraf Fathi. Confesso che mi è molto simpatico, e ritengo che le sue idee e la sua prosa facciano onore (secondo alcuni disonore...) alla sua "hawza".

***
Migliaia di perché

Oggi, quando mi sono ritrovato bersaglio delle manganellate dei motociclisti, di lacrimogeni e di irripetibili insulti dei fratelli, per un istante mi è parso di aver partecipato a una preghiera collettiva nella moschea di Al-Aqsà!

Mai avrei potuto immaginare di finire sotto attacco e restare ferito per il fatto di aver partecipato ad una preghiera, il cui imam è anche il presidente dell'Assemblea degli Esperti e del Consiglio per il Discernimento del Bene dello Stato!

Se non era per l'aiuto della gente, quando, fuggendo alle manganellate, sono caduto per terra, sarei rimasto sotto le ruote dei fratelli motociclisti. Uno sconosciuto li ha spinti indietro così ho potuto rialzarmi. Poi bontà loro ci hanno bersagliati di lacrimogeni, così da farmi passare la voglia di andare a pregare!

Io ero presente alla prima preghiera guidata da Rafsanjani dopo la sua sconfitta elettorale 4 anni fa, la gente era così poca che mi ha fatto pena. Ma la partecipazione massiccia di oggi è di per sé un fatto notevole, e non volerlo notare è un errore che si somma a tanti altri errori commesi da lor signori. La prima volta che la gente ha cominciato a cantare slogan, è stato quando l'altoparlante [2] ha chiesto "dite Ya Hussain!" [3], e d'un tratto centinaia di milgiaia di persone hanno gridato all'unisono "Ya Hussain, Mir Hussain" [4]. Hanno proseguito per due ore fino a quando sono iniziati i sermoni.

Io non so cosa sarebbe successo, se non ci fosse stata la dura repressione poliziesca di oggi. Non stava forse tornando a casa, la gente, seguendo il corso di cortei sparsi in alcune zone della città? Valeva la pena di attaccare, per la prima volta nella storia, i devoti del venerdì di preghiera di Teheran, per dei nani come Masha'i, Zarribafan, Bazrpash [5]?

Anche se fanno vedere delle ragazze mal velate che oggi giravano intorno all'università, possono forse negare il fatto che sono proprio loro ad allontanare queste nostre concittadine, sono loro ad averle tolto ogni speranza di frequentare luoghi di preghiera? Perché pensano sempre che tutti devono essere esattamente come loro? Perché pensano sempre ad allontanare, mai ad attirare?

Perché i nostri fratelli sono maestri nel perdere occasioni? Perché non vedono al di là della punta dei loro piedi? Perché devono dare dei manganelli in mano a ragazzini di 16 o 17 anni , piantare il seme dell'odio, della divisione? Perché non sono nemmeno in grado di vedere il loro stesso interesse? E migliaia di altri perché...

[1] Per chi non lo sapesse la vera traduzione di "preghiera del venerdì" è "preghiera collettiva": in arabo "jum'à" (جمعه) - che identifica il venerdì - significa anche "adunanza" o "raccolta".

[2] Quello dell'organizzazione della preghiera - ndt

[3] Invocazione al terzo imam sciita, nipote del Profeta, martire a Kerbala - ndt

[4] Mir Nussain è il nome del candidato Moussavi - ndt

[5] Sottosegretari del governo, a questo punto immagino fossero presenti alla preghiera - ndt

***

Domani l'analisi politica. Ciao.

Live blogging

Traduco in tempo quasi reale da un blog che riporta il sermone di Rafsanjani ascoltandolo su Radio Teheran (che non è in streaming). Nessuna rete nazionale lo sta trasmettendo dal vivo e per ora questo blog sembra essere l'unica fonte. Fuori la massa verde è immensa. I canti sono così forti da coprire gli altoparlanti dentro.

12:20 - Inizia a parlare Reza Taqavi, persona estremamente vicina al governo, capo della commissione politica organizzatrice della preghiera del venerdì.

12:58 - Taqavi: La preghiera del venerdì è un attestazione di fedeltà al leader (!)

13:00 - Taqavi: La preghiera del venerdì non deve essere usata per le liti politiche di parte.

13:02 - Taqavi: insulta la BBC e chiude

13:19 - Rafsanjani: il sermone avrà tre parti. La parte principale riguarderà la storia dell'Islam e il suo significato. Una seconda parte riguarda gli obiettivi che stanno alla base della Repubblica Islamica. La terza parte riguarda la situazione in cui ci troviamo e qualche consiglio su come superarla. Ovviamente questa terza parte sono mie opinioni personali.

13:25 - Parla della storia dell'Islam.

13:39 - Broadcasting su Pars TV, satellitare

13:41 - (commosso) il Profeta rispettava i diritti di tutti. Si racconta che alla fine della sua vita abbia chiesto a chiunque avesse subito torti da lui, si presentarsi in modo che potesse riparare al torto

13:43 - Parla di quanto sia importante l'unità tra i musulmani.

13:45 - (di nuovo commosso - un attore nato) Il profeta negli ultimi giorni della sua vita vedeva già insinuarsi le divisioni tra i suoi fedeli.

13:50 - Inizia la seconda parte del sermone.

13:50 - Discorso sulle ricorrenze della settimana: il martirio del settimo imam Mousa Kadhim.

13:53 - Parla della Cina e della repressione dei musulmani in Sinkiang. Si alza lo slogan "morte alla Cina". Prega la gente di non dare slogan.

13:54 - La Cina è una nazione ragionevole. Tenga conto dei suoi interessi nei rapporti con le nazioni musulmane e faccia sì che non siamo più testimoni di simili ingiustizie in Cina o altrove.

13:55 - Veniamo al nostro problema ora. Le elezioni erano iniziate bene, la gente ha partecipato con grandi speranze e ha battuto ogni record di affluenza.

13:55 - Avremmo voluto che le cose continuassero come erano iniziate ma ciò non è avvenuto e ora vi dirò perché. Tenete conto che parla uno che è stato compagno dell'Imam Khomeini fin dall'inizio, da circa 60 anni fa.

13:57 - L'Imam Khomeini ha sempre cercato la partecipazione e la soddisfazione del popolo, e ci è riuscito. Ha sempre detto che la base dello stato islamico è la legittimazione popolare, e che sarebbe molto grave se mancasse l'appoggio del popolo.

14:00 - Una volta ho sentito questo racconto dell'Imam sul Profeta. Il profeta disse ad Alì "tu sei il popolo, e se tutto il popolo viene da te per darti il califfato accetta, ma se non viene lascia stare".

14:04 - Tutto lo stato trae legittimazione dal voto popolare. Sia il Consiglio dei Guardiani, sia l'Assemblea degli Esperti, sia il Parlamento. Noi crediamo nella Repubblica Islamica: sia repubblica, sia islamica.

14:05 - Senza l'Islam saremmo persi. E senza la Repubblica lo stato non è nemmeno islamico. Così come Alì dovette aspettare 19 anni prima che il popolo gli concedesse il califfato.

14:06 - Non so perché la situazione delle elezioni è arrivata a questo punto. Forse c'è la responsabilità della radiotelevisione statale. Sento che alcuni danno degli slogan, non riesco a capire cosa stanno dicendo ma li prego di smettere.

14:07 - Ho una mia proposta per uscire dall'impasse attuale, una proposta sulla quale mi sono consultato con i membri dell'Assemblea degli Esperti [di cui R. è presidente ndt].

14:08 - Dobbiamo fare in modo che torni la fiducia. Prima di tutto, tutti devono sottostare alla legge.

14:08 - Poi dobbiamo creare spazi adatti a che tutti possano esprimersi in modo razionale. Parte di questo compito riguarda la radiotelevisione.

14:08 - Il Consiglio dei Guardiani non ha fatto un buon uso dei 5 giorni in più che il Leader gli aveva concesso per la verifica delle elezioni [si alza altissimo il grido "Allahu Akbar"].

14:09 - Non abbiamo alcuna necessità di tenere gente in carcere per ragioni legate a questo problema. Bisogna lasciarli tornare dalle loro famiglie [ancora "Allahu Akbar"].

14:09 - Bisogna esprimere condoglianze e solidarietà ai morti. Bisogna smettere di limitare la stampa che deve essere libera nel quadro della legge. Siamo tutti parte della stessa famiglia. Perché alcuni "marjà" devono essere offesi e costretti all'isolamento?

14:10 - Spero che questo sermone possa aiutare a superare questo problema, che possiamo tranquillamente chiamare crisi.

14:11- Il sermone è finito. Si sentono due slogan distinti: "versiamo il nostro sangue per il nostro leader [Khamenei]", ma si sente anche "Hashemi [Rafsanjani], Hashemi, Dio ti preservi".
Una traduzione più dettagliata, in inglese:

Ingannando l'attesa

La preghiera del venerdì si svolge all'Università di Teheran ma normalmente, anche quando è poco frequentata, la gente finisce per pregare e ascoltare le parole dell'imam nelle strade vicine, fornite di altoparlanti.

Ma domani gli altoparmanti non basteranno. Molti si doteranno di una radiolina FM per poter seguire la cerimonia da molto lontano. Moussavi sarà presente, ma molto probabilmente non sarà dentro. Starà fuori in mezzo ai suoi sostenitori.

Anche il fronte avverso comincia a rendersi conto del potenziale politico di una forte presenza verde domani alla preghiera del venerdì. Non è possibile militarizzare la preghiera collettiva di Teheran, pena la perdita di ogni residua credibilità nel mondo islamico. O almeno questa linea non è passata.

E' passata la linea della neutralizzazione. Hanno revocato i permessi ai soldati di leva. d stanza a Teheran. Così li vestiranno in borghese e li porteranno nello spazio interno all'università in modo da tentare di neutralizzare la presenza dei sostenitori di Moussavi e farli restare fuori dallo spazio dove saranno presenti le telecamere. Insomma all'interno dell'università sarà forte la presenza dei sostenitori di Ahmadinejad, che verranno trasportati lì a titolo preferenziale anche con l'obiettivo di contestare Rafsanjani.

I sostenitori di Moussavi soverchieranno i rivali nei numeri e nella voce, ma staranno prevalentemente fuori, per le strade vicine, dove non ci saranno telecamere del regime a riprenderli.

Sapendo questo, molti cercheranno di essere lì davanti agli ingressi già da stanotte. Non mi meraviglierei se in nottata si accendessero scontri, e non è secondaria nemmeno la questione attentati. Comunque non vorrei ingigantire l'importanza della TV iraniana: nessuno ormai la considera attendibile, anche se costringerla a riprendere i verdi sarebbe una vittoria politica.

Veniamo a Rafsanjani. Come ha detto il regista Makhmalbaf intervistato da VOA, ciò che dirà domani Rafsanjani sarà rilevante solo per lui e per il suo futuro politico. Lo ha detto in termini diversi anche Ibrahim Nabavi, scrittore satirico che conosce la famiglia Rafsanjani, nel suo blog.

Certo è preso tra due fuochi: l'opposizione non può accettare compromessi che non prevedano l'annullamento delle elezioni e un governo (e soprattutto un ministro degli interni) a interim non scelto da Ahmadinejad. Gli ahmadinejadisti sono pronti a contestarle Rafsanjani e forse anche a menarlo appena apre bocca. Non vorrei essere su quel 'minbar' per tutto l'oro del mondo, domani!

Ahmadinejad come si trova a Mashhad. Lo hanno contestato. Non in moltissimi, la città era in stato d'assedio dicono (il che se è vero ha praticamente lasciato sguarnito Teheran), ma alcuni contestatori sono riusciti a infiltrarsi anche tra il comitato d'accoglienza, subito arrestati.

Ad accogliere il "presidente", per la prima volta da trent'anni,non era presente l'Ayatollah di Mashhad. Segni e sintomi. A domani.

(...)
E io ho la faccia usata dal buonsenso
ripeto "non vogliamoci del male"
e non mi sento normale.
E mi sorprendo ancora a misurarmi su di loro
ma adesso è tardi, adesso torno al lavoro.

Rischiavano la strada e, per un uomo,
ci vuole pure un senso a sopportare
di poter sanguinare
e il senso non dev'essere rischiare
ma forse non voler più sopportare.

Chissà cosa si prova a liberare
la fiducia nelle proprie tentazioni,
allontanare gli intrusi dalle nostre emozioni,
allontanarli in tempo e prima di trovarsi solo
con la paura di non tornare al lavoro.

mercoledì 15 luglio 2009

Notizie

Non ho avuto molto tempo per approfondimenti, ma ci sono un po' di notizie che butto giù in ordine sparso.

Morti

Cominciamo dalle brutte notizie. I morti delle agitazioni dell'ultimo mese sono ben più della trentina dichiarata dal governo. L'altro ieri, dopo tre settimane di ricerca da un carcere all'altro, la madre del diciannovenne Sohrab A'rabi trova il cadavere del figliolo presso un obitorio. In serata Moussavi e signora sono andati a fare le condoglianze alla famiglia, e stamani è toccato a Karoubi. Sarebbe stato trovato anche il corpo di una ragazza arrestata di fronte alla moschea di Qoba. Ci sarebbero i segni dello stupro.

Stanno sbucando cadaveri al ritmo di un paio al giorno. Almeno 70 oltre a quelli dichiarati dal governo sono già stati riconosciuti (fonte: il blog di Sazegara), ma si parla di 150-160 corpi ammucchiati dentro ad un'improvvisata cella frigorifera in un mercato a ovest di Teheran. E ovviamente stiamo parlando solo di Teheran.

Gli arresti, secondo l'opposizione, avrebbero superato i quattromila, molti dei quali sarebbero detenuti nel famigerato braccio 209 del carcere di Evin dove la mortalità è altissima e la tortura e lo stupro sono fatti quotidiani. In generale ai famigliari viene imposto di non parlare con la stampa, pena l'allungamento della detenzione.

A tutto ciò va aggiunto che dall'inizio dell'anno (in Iran l'anno inizia il 21 marzo), ci sono state più di cento esecuzioni capitali. In rapporto alla popolazione l'Iran è lo stato al mondo che ci dà più dentro con le esecuzioni. Va detto che la pena di morte non è prevista solo per reati di sangue ma, ad esempio, anche per reati patrimoniali come il contrabbando, o per reato contro la morale come l'adulterio femminile. Lo dico per ricordare ai marxisti una cosa che dovrebbero sapere da soli: che la pena di morte è classista. Non ci sono ricchi nel braccio della morte. Quasi mai.

Lotta e disciplina

Proseguono le iniziative di lotta e si allarga l'organizzazione del movimento. Le manifestazioni di giovedì 9 luglio hanno in qualche modo segnato un punto di svolta, perché nonostante l'atmosfera di dura repressione il movimento ha dimostrato di non aver paura. Si parla di ripetere quel tipo di protesta - che ormai alcuni analisti internazionali chiamano "alla iraniana" - ogni giovedì., secondo la parola d'ordine "è importante il cammino, non la meta".

In pratica si tratta di scendere per le strade senza concentrarsi in un unica piazza ma restando in gruppetti di qualche migliaio di persone, dando slogan, insomma manifestando la propria esistenza politica e persino portando delle rose alla polizia antisommossa e ai bassij. In questo modo semplicemente non ci sono le forze per attuare una repressione.

Aumentano le micro-operazioni tipo graffiti sui muri (la città di Rasht secondo notizie giunte sul blog di Sazegara sarebbe molto attiva in questo campo) e le manifestazioni-lampo. Continua il boicottaggio delle merci pubblicizzate sulla televisione iraniana. Il ministero dell'energia ha chiesto alla popolazione di ridurre il consumo dell'elettricità di notte (effetto della "protesta del ferro da stiro"), e la telecom iraniana avrebbe aumentato le tariffe per far fronte al crollo degli SMS in seguito ad un boicottaggio. Boicottata anche la Nokia che fornisce al governo apparecchi per il controllo delle comunicazioni: persino i negozi avrebbero smesso di esporre la merce perché non è richiesta.

Sono in fase di organizzazione scioperi "bianchi" (che in Iran si chiamano "all'italiana"). In pratica si tratta di andare formalmente a lavorare e percepire lo stipendio, ma impedire l'uscita del prodotto. Ad esempio facendo mancare la corrente, formando dei "colli di bottiglia" in punti nevralgici della catena, o anche semplicemente lavorando più lentamente.

La cosa che colpisce di più è la disciplina. E' difficile mantenere il pluralismo nelle idee e nelle proposte, restando poi concentrati sulla proposta che viene adottata senza deviare verso le altre, senza individualismi insomma. L'esempio più chiaro è la questione della preghiera collettiva di domani.

Preghiera del venerdì

Domani la preghiera collettiva di Teheran sarà guidata da Rafsanjani. Rafsanjani è un personaggio ambiguo: è odiato dal fronte di Ahmadinejad ma anche dal fronte della protesta. Dato che la sua presenza alla preghiera è stata concordata con Khamenei, è ben difficile che prenda posizioni dure e chiare. Molto probabilmente parlerà di riconciliazione nazionale. Oppure, ben che vada, non dirà nulla e parlerà dei morti dell'incidente aereo di ieri.

Per tutta la settimana si sono levate diverse voci dall'opposizione, anche semplicemente riflesse sulla pagina FB ufficiale di Moussavi: andare? oppure è una trappola politica? Moussavi deve andare o no? ma se Moussavi va e quello parla di riconciliazione, non è un'implicita castrazione del movimento? cosa facciamo se va? e se non va?

Dato che il percorso per arrivare al luogo di preghiera e il ritorno a casa sono in pratica delle manifestazioni autorizzate c'è l'occasione di far vedere nuovamente delle miolionate di persone per strada, perciò la posizione leggermente maggioritaria era quella di andare. Moussavi si è un po' arreso a questo e ha deciso di partecipare alla preghiera, mentre Ahmadinejad ha emblematicamente deciso di andare a visitare a Mashhad (dove oggi lo aspetterebbe un'accoglienza molto verde...).

La cosa interessante è che, una volta passata la mozione della partecipazione, tutti quelli che erano contrari hanno dichiarato che avrebbero partecipato e hanno smesso di insistere sul loro punto.

Ora ci sono solo post che consigliano dove e come mettersi per evitare che la TV censuri la presenza "verde", che spiegano come vestirsi per evitare problemi (qualcosa di verde è d'obbligo ma le signore devono essere coperte dal chador e per gli uomini niente maglietta e jeans... insomma è una preghiera), e ci sono quelli che spiegano come funziona la preghiera collettiva per coloro che non ci sono mai stati. Stanotte e domani notte, oltre al solito Allahu Akbar dai tetti, si è deciso di aggiungere uno slogan per convocare tutti alla preghiera di domani.

Insomma, citando un amico, "meglio sbagliare nell'unità che aver ragione nella divisione". Il movimento è vivo e pluralista ma evita i personalismi. E' questo che intendo per "disciplina".

domenica 12 luglio 2009

Una manifestazione al giorno?

Di là si sta discutendo se presentarsi o no alla preghiera del venerdì questa settimana, dato che l'imam della preghiera dovrebbe essere Rafsanjani. E' annunciata anche la presenza di Karoubi, Khatami e Moussavi. Il dibattito è molto vivo. Il vantaggio sta nella visibilità di un'occasione priva di repressione: in teoria non possono impedire a nessuno di andare alla preghiera.

Lo svantagggio è che non si sa se Rafsanjani ci sarà e, soprattutto, non si sa cosa dirà. Insomma il movimento lo ritiene poco affidabile. Senza contare poi che una parte non secondaria del movimento non è gente che va alla preghiera. Vedremo se la notizia ha un fondamento.

Ma non volevo parlare di questo. Volevo tradurre da un blog in persiano un lungo e interessante articolo di analisi politica datato 07/07/2009, due giorni prima dei fatti del 9 luglio. L'articolo è lungo.

***

Le manifestazioni possono forse proseguire giornalmente?

Questo articolo dimostrerà che la gente non può manifestare tutti i giorni, e che ciò non deve essere interpretato come un calo di tensione nella lotta [...].

Il fine della guerra psicologica [1] di un governo dittatoriale è quello di infiltrare i mezzi di informazione del movimento con un insieme di notizie fallaci e ambigue, in modo da insiunuare la delusione e la disunione e, come obiettivo finale, paralizzare il movimento.

Tuttavia questa volta [rispetto al 1979 ndt] coloro che lottano nel sentiero della libertà hanno un immenso capitale politico accumulato negli ultimi 30 anni. La marcia del 20 giugno e la presenza di più di tre milioni di persone, nonostante le sensibili minacce all'incolumità fisica e le gravi carenze di mezzi di comunicazione, non aveva precedenti nemmeno nelle esperienze del 1979. Questa presenza ha dato un colpo spaventoso al regime ed all'equilibrio psicologico del Leader e del suo entourage.

In questo momento noi conserviamo il vantaggio di un consenso di massa dimostrato nei numeri e nelle strade, e questo capitale politico non svanirà così presto. Con l'orgoglio di chi sa di avere milioni di voci dalla sua parte, e con passione, dobbiamo solo evitare che questo prezioso capitale vada disperso.

Ma, come noi sappiamo di avere un largo consenso, ne è al corrente anche il governo, e ciò lo spaventa: il governo sa che, anche con un piccolo passo indietro, nuovamente milioni di persone si riverseranno per le strade [...].

Tenete presente che questo capitale politico è notevolmente superiore a quello di cui godeva il movimento rivoluzionario islamico all'inizio dei moti del 1978 [...]. Il Re, di fronte a marce e raduni di poche migliaia di persone, perse la testa e commise il suo suicidio politico ordinando la repressione. L'entourage di Khamenei si è trovato ad affrontare di colpo la stessa situazione ed è ricorso alla repressione, ma contro manifestazioni molto più serie e numerose.

Nel 1978, in seguito ad alcune piccole manifestazioni, in provincia e non nella capitale, il regime dello Shah fu preso dal panico ed arrivò a decretare il coprifuoco notturno. Arresti di massa, istituzione di tribunali speciali, e pene severe per coloro che partecipavano alle manifestazioni, crearono un'atmosfera di terrore che di fatto impedì per qualche tempo ulteriori marce contro il regime. Tutti si convinsero che il regime aveva vinto e che la paura aveva soffocato la voce del popolo.

Il malcontento, allora, era decisamente meno diffuso di oggi. Specialmente tra le persone di mezza età con un'occupazione, che erano estremamente contrarie alle manifestazioni e le ritenevano pericolose o al più inutili. Essi erano convinti che il regime dei Pahlavi fosse solido e impossibile da sconfiggere. Per l'opposizione si trattava di un lavoro lento e difficile: si doveva prima convincere le persone che il regime era irreversibilmente corrotto, e solo per passi successivi poter arrivare a contare su un loro appoggio. Tutto ciò oggi è già stato raggiunto.

Un rapido sguardo alle date degli eventi della rivoluzione islamica è illuminante proprio per compendere la sostanziale rarità delle grandi manifestazioni:
  • 9 gen 1978 - Manifestazione a Qom (con morti)
  • 18 feb - Manifestazione a tabriz nel quarantesimo dei morti di Qom
  • 30 mar - Manifestazione a Yazd
  • 15 giu - Sciopero generale e serrata nazionale
  • 12 ago - Scontri sanguinosi a Isfahan, coprifuoco nella città
  • 16 ago - Il premier Amuzegar dichiara il coprifuoco in tutto il paese
  • 4 set - Marcia della festa del "Fetr" (immagine)
  • 8 set - Venerdì nero
  • 11 ott - Sciopero nazionale dei giornalisti
  • 21 ott - Sciopero nazionale dei lavoratori del petrolio
  • 4 nov - Massacro di studenti superiori e universitari all'Univ. di Teheran
  • 1 dic - Il grido notturno di "Allahu Akbar" si sente dai tetti in tutto il paese
  • 1 gen 1979 - Scontri sanguinosi a Mashhad
  • 14 gen - "Shah raft!" ("il re se n'è andato!")
  • 17 gen - Milioni di persone in marcia in tutto il paese
  • 1 feb - Rientro di Khomeini in Iran
  • 11 feb - Violentissimi scontri a fuoco finali tra la popolazione armata e i reparti dell'esercito ancora fedeli allo Shah. Il regime è spazzato via.
La guerra psicologica del regime intende combattere il movimento cercando di radicalizzarne gli obiettivi. Essa opera come segue.

1) "Le manifestazioni devono cointinuare tutti i giorni": la conseguenza logica è che, se per alcuni giorni non si verificano manifestazioni, allora il movimento è stato sconfitto.

Noi non abbiamo il dovere di manifestare per le strade tutti i giorni. Ciò che andava fatto è stato già fatto: milioni di persone hanno già dato uno schiaffo al potere. Ora dobbiamo organizzare il movimento nell'attesa di programmare e muovere i prossimi passi. Lasciamo che siano loro a pagare il costo politico che comporta il tenere per le strade un'apparato repressivo, nel timore che ci riversiamo di nuovo per la strada. [...]

Bisogna riportare le masse per le strade in un momento in cui ci sarà anche l'organizzazione necessaria, in caso di repressione, per un vasto sciopero generale. Sabato 1 di agosto, per la commemorazione del quarantesimo del martirio dei caduti del 30 giugno, potrebbe essere una buona giornata. C'è il tempo necessario per l'organizzazione e per minacciare il governo di iniziare uno sciopero in caso di repressione.

2) "Tutti i movimenti rivoluzionari devono avere dei leader". Con questo la propaganda filo-regime intende dire che l'assenza di una dirigenza paralizzerà il movimento.

La rivoluzione è il pensiero collettivo di una società volta ad ottenere obiettivi precisi attraverso un'azione armoniosa e coordinata. Nel 1978, la persona che venne poi riconosciuta come leader del movimento rivoluzionario, fino a 10 giorni prima del confronto finale non si trovava nemmeno nel paese.

Durante la rivoluzione egli si limitava ad inviare dei comunicati contenenti messaggi politici di natura assolutamente generica, senza dare alcuna direttiva di tipo organizzativo. Oltretutto, data l'assenza dei mezzi di comunicazione quali internet o telefoni cellulari, questi messaggi non giungevano che ad una parte minoritaria del movimento. Era il popolo che - in modo spontaneo - perseguiva l'obiettivo chiaro di rovesciare il regime e prendeva le iniziative necessarie.

Oggi si cerca di insinuare nel movimento il timore di un arresto di Moussavi, o di Karoubi. Hanno già arrestato più di cinquemila tra intellettuali ed attivisti politici. In questo modo vorrebbero far credere che il movimento riceverebbe un colpo mortale dall'arresto dei suoi "capi".

Ma il leader del popolo, in questo movimento, è il malcontento. L'ingiustizia, l'oppressione, l'imposizione di uno stile di vita di mille anni fa ad una società che ambisce a progredire, derisione e repressione delle tradizioni nazionali [preislamiche - ndt], il latrocinio della ricchezza pubblica e dei proventi del petrolio, l'umiliazione internazionale, assenza di libertà di pensiero e di parola [...].

Il movimento non appartiene ad una persona in particolare, uccidendo la quale si fermerebbe. Nasce dal fatto che il popolo desidera vivere meglio, lo merita, ed è persuaso di pagare dei costi per ottenere ciò che desidera. Questo desiderio, e nient'altro, è il "capo" del movimento.

3) "Il regime sta segretamente trattando con le potenze estere, che non appoggeranno più il movimento"

Il nostro movimento non ha bisogno dell'appoggio di nessun governo. L'opinione pubblica mondiale è istintivamente favorevole a qualunque movimento pacifico di liberazione. A parte questo, l'appoggio internazionale non può salvare il regime. Anche i russi e i cinesi presto assaggeranno lo schiaffo del popolo iraniano.

Questo argomento di propaganda da parte del governo ha una ragione politica: è il governo stesso che è in difficoltà sul fronte estero, e vuole in qualche modo convincere il popolo che la situazione è sotto controllo. Data questa contraddizione, presto l'argomento gli si rivolterà contro. Difatti, mentre l'appoggio dei governi stranieri non ha alcuna rilevanza per il movimento, tuttavia è molto probabile che presto, sotto la pressione delle loro opinioni pubbliche, saranno costretti a prendere posizioni forti contro il regime [...].

4) Disinformazione:

Cioè la diffuzione di notizie importanti ma non confermabili, che a prima vista sono vantaggiose per il movimento ma che, in ultima analisi, risultano false e portano all'assuefazione e alla disaffezione.

Notizie che un tal generale dei Pasdaran o un talaltro uomo politico si è unito al movimento, non devono essere diffuse senza fonte sicura [2]. E' ovvio che qualunque defezione nel fronte degli assassini è una buona notizia, ma bisogna sempre tenere presente che questo movimento prescinde dalle individualità.

Domani diranno che l'esercito si è ammutinato, o che una raffineria è esplosa, oppure che è iniziato lo sciopero dei lavoratori del petrolio, e poi due o tre giorni dopo si scoprirà che era falso. Così le notizie "interne" al movimento diventano inaffidabili e subentra una sorta di depressione e di disillusione. Noi non abbiamo alcun bisogno di queste "buone notizie": accertarsi della loro solidità prima di diffonderle.

5) "Confronto parallelo": ovvero seminare discordia tra le varie componenti sociali del movimento per deviarlo dal suo obiettivo principale.

Dato che sono le persone che compongono il movimento, vi sono anche delle oggettive differenze interne. Coloro che hanno la capacità di correre e lottare per la strada non devono criticare coloro che possono solo limitarsi a camminare. Non ci sono abitanti di Teheran o della provincia, ci sono solo iraniani. Se per qualche giorno non abbiamo notizie di iniziative da una città, state pur certi che si stanno organizzando. Pensiamo a ciò che dobbiamo fare noi e non lamentiamoci.

Diverse personalità con background politici differenti diranno le loro opinioni e faranno le loro proposte: non vanno ghettizzati. Ciascun iraniano, dentro o fuori dal paese, a Teheran o in provincia, di qualunque origine etnica, e in generale chiunque non sia al servizio del regime e supporti il movimento popolare sarà degno di rispettto presso il movimento stesso.

Non dimenticate che Khamenei e il suo entourage hanno in mano il potere da un ventennio. Tutte le istituzioni, dalla magistratura al governo, dal parlamento agli organismi militari e di ordine pubblico sono pieni dei loro adulatori e dei loro lacché.

Costoro hanno raggiunto ricchezze fantastiche grazie a questi loro legami, e faranno di tutto per conservarle. Ma state pur certi che la loro fedeltà è verso le loro ricchezze, non verso il Leader. L'unica loro speranza è che la gente smetta presto di agitarsi, e che venga zittito con un po' di concessioni inutili, bastoni e pallottole.

Se ciò non accadrà e le grida continueranno, il Leader vedrà ogni giorno vuoti più ampi nel suo schieramento. E noi non abbiamo alcuna fretta. Il Leader, appoggiando il governo golpista, ragliando minacce e ordinando la prepressione, in realtà ha già ingerito il veleno del suicidio politico. Dobbiamo solo aiutarlo affinché il veleno faccia effetto il prima possibile.

[1] L'articolo fa risalire le tecniche di guerra psicologica del governo ad un preciso addestramento da parte di specialisti cinesi e russi, ma non cita fonti.

[2] Mea culpa!

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Alla prossima.

venerdì 10 luglio 2009

Un regista al parlamento europeo

Sbobino e traduto il filmato della parte finale dell'intervento di Mohsen Makhmalbaf al parlamento europeo.
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Cercherò di essere breve.

A coloro che hanno chiesto come si faccia ad essere certi del fatto se ci sono stati dei brogli, per parte mia chiedo: se le elezioni si sono svolte regolarmente, perché il governo ha immediatamente proibito gli assembramenti di più di quattro persone in tutto il paese, e proibito le manifestazioni dell'opposizione? Se questo governo è l'espressione della maggioranza del paese, perché allora si è sparato sulla folla, si sono effettuati arresti in massa, e sostanzialmente si è imposta la militarizzazione del paese?

Ovviamente sulla base di questi eventi il minimo che si può richiedere è che il governo permetta all'opposizione di esprimersi liberamente, onde poter giudicare l'appoggio di cui gode la presidenza. Io ho consegnato 27 pagine di documentazione tradotta in inglese alla signora Rosemarie, documentazione in cui si chiariva il modo in cui è stata progettata la pubblicazione di un risultato elettorale falso. Ho anche messo a disposizione di questo parlamento una sessantina di filmati girati dalla gente con i cellulari, che documentano la repressione, le uccisioni e gli arresti. Tutto ciò al fine di mostrare ciò che sta accadendo in Iran in questo momento.

Il secondo punto è che noi chiediamo al mondo qualcosa di più di un semplice complimento. Non vogliamo che il mondo si metta la mano sul petto dicendo che è solidale col nostro dolore, e poi torni a fare affari con il governo iraniano. Perché non fate con l'Iran la stessa cosa che state facendo con il governo golpista dell'Honduras?

Il terzo punto riguarda Ahmadinejad. Ieri sera in un discorso televisivo ha detto "noi siamo riuisciti ad amministrare bene l'Iran, ora dobbiamo amministrare il mondo". Ha detto che il mondo manca di leadership e che l'obiettivo del suo secondo mandato è quello di ovviare a questa mancanza. C'è anche un suo filmato su internet, in cui promette ai religiosi di Qom che presto il paese avrà a disposizione l'energia atomica e che la repubblica islamica diventerà un regime islamico.

Voi sapete che comunque sia fino a tre settimane fa l'Iran godeva di un 20% di democrazia. Potevamo eleggere i nostri parlamentari e il nostro presidente, sebbene l'esercito, la polizia, e persino gli introiti della vendita del greggio erano gestiti da Khamenei. Ma da tre settimane il paese è entrato pienamente nella dittatura, e lo stesso Ahmadinejad di oggi è totalmente diverso all'Ahmadinejad di 4 anni fa. D'ora in poi lui non sarà un presidente eletto, ma il portavoce del regime islamico.

Un'altra cosa che mi viene chiesta è perché insistiamo per una nuova elezione. Il fatto è che ciò rappresenta il minimo accettabile per il popolo iraniano. Si tratta di quel 20% di democrazia che gli è sfuggito dalle mani. In qualunque reazione internazionale è necessario che venga sottolineato che la presidenza di Ahmadinejad è disputata, ed è ovvio che prima o poi si deve porre il problema di far tornare al popolo la possibilità di eleggere il presidente.

Poi mi vengono poste delle domande sul signor Moussavi. Il signor Obama asseriva che tra Ahmadinejad e Moussavi non c'è differenza. Io ho risposto che allora non c'è differenza nemmeno tra Obama e Bush. Come si fa a dire che non c'è differenza? La repubblica islamica è un quadro istituzionale all'interno del quale ci sono personaggi come Ahmadinejad che si ispirano a Hitler, e peronaggi come Moussavi che si ispira a Mandela. Noi non possiamo importare Mandela dal sudafrica o riesumare Gandhi dall'India perché vengano a salvare il nostro popolo, dobbiamo per forza scegliere tra i politici che abbiamo.

Chiunque sia Moussavi, è riuscito ad ottenere l'appoggio del suo elettorato. Il fatto che egli stesso sia criticato è un fatto a sé. Oggi il movimento verde in Iran per molti versi ha già superato Moussavi, è un movimento democratico, pacifista, antinuecleare. Certamente molti iraniani criticano la repubblica islamica alla radice. Io stesso sono una delle persone convinte che il cambiamento del presidente lascia irrisolti molti dei nostri problemi. Ma noi in questa fase dobbiamo chiederci cosa vuole il popolo e cosa ha la possibilità di volere. Vedete, le persone hanno avuto dei costi durante la rivoluzione del 1979 per vedersi poi disilluse. Forse costoro non hanno in animo di affrontare nuovamente i costi di un'altra rivoluzione, ma questo non vi dà il diritto di pensare che allora non devono nemmeno avere questo movimento.

Io ritengo che il popolo non sia affatto remissivo. Credo che il conflitto stia covando sotto la cenere. Quello che mancava alla gente non era l'informazione: sono trent'anni che la gente sa esattamente cosa gli è capitato. Ogni ragazzo o ragazza ha subito delle punizioni fisiche, magari perché pescato mano nella mano con il partner. Subiscono umiliazioni perché si sono innamorati... in Iran si dice che in passato ti annusavano il fiato per scoprire se avevi bevuto dell'alcool. Ora te lo annusano per scoprire se hai detto "ti amo" a qualcuno. Le nostre libertà si stanno via via restringendo.

Avete chiesto qual è l'appoggio del governo tra i mullah. Tre giorni fa l'associazione dei docenti di teologia di Qom non ha riconosciuto Ahmadinejad come presidente. Importanti ayatollah come Taheri di Isfahan, Montazeri, Sanei, hanno tutti preso parte per Moussavi. I mullan sono chiaramente divisi, e molti di quelli che non parlano non lo fanno per paura di rappresaglie da parte di Khamenei. Se non ci fosse questa paura è certo che la parte maggiortaria dei mullah si schiererebbe con il movimento.

Un ultimo punto è rivolto a coloro che hanno detto "non siamo stati presi in ostaggio noi, e non siammo i poliziotti del mondo". La mia domanda è: che cos'è il parlamento europeo? Non rappresenta forse una porzione dell'umanità? Se la vostra pace è in pericolo, noi stessi in Iran ne subiremmo le conseguenze. E se è in pericolo la nostra democrazia, ne va della vostra pace. Noi, riassumendo, chiediamo due o tre cose:

1) Occupatevi di questa cosa. Non pensate che si tratta di un problema tra i passeggeri di un aereo e dei dirotattori: questa cosa vi riguarda.

2) Sanzioni intelligenti. Oltre a Nokia sembra che anche la Siemens abbia venduto al governo iraniano materiale per spiare le comunicazioni coi cellulari. La gente è spiata mentre manda gli SMS. Chiediamo che quanto meno non venga venduto materiale per la repressione. Queste compagnie vanno messe sotto pressione.

3) La copertura mediatica. Ad esempio la BBC: potrebbe fare ciò che fece 30 anni fa mettendo un microfono davanti a Khomeini ed aiutandolo nella rivoluzione contro lo Shah. Perché oggi non fa lo stesso con Moussavi? Per quale ragione avete sviluppato di colpo oggi tutta la discrezione che non avevate 30 anni fa? Io credo che una buona copertura mediatica consentirebbe all'opposizione popolare di informarsi "di rimbalzo" utilizzando internet, le TV satellitari etc.

Concludendo: noi non chiediamo due lettere di auspicio per il rispetto dei diritti umani, che diventeranno immediatamente un ricordo storico. Non dimentichiamo il motivo per cui da 50 anni il popolo iraniano non si sente amico del Regno Unito e degli USA: il colpo di stato contro Mosaddegh è la ragione per cui si è diffuso un sentimento di antipatia verso l'occidente ed in particolare verso questi due paesi. Così il regime islamico ha avuto gioco facile a cavalcare questo sentimento. Cercate di evitare che questo accada nuovamente.
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giovedì 9 luglio 2009

Fraternité

Del famoso motto della rivoluzione francese, la parola "Fraternité" è sempre stata la meno comprensibile. Ma ci torneremo a fine post, per ora un po' di analisi dei fatti di oggi.

Per quanto non vi possa sembrare leggendo le notizie, oggi è stata davvero grossa. Direi persino più grossa del 20 giugno. Ma non vi sembrerà, perché non vedrete marce di milioni di persone. La contestazione ha cambiato tattica di lotta: meno sexy da un punto di vista televisivo, ma estremamente efficace.

Per tutta la settimana l'obiettivo principale è stato quello di organizzare le manifestazioni in modo tale da consentire la presenza e il confronto anche nel caso fosse impedita la concentrazione massiccia in un punto unico. Solo a Teheran erano previste almeno 7-8 piazze, e poi in altre 250 città. L'ordine tassativo era: evitare il confronto. Se è impossibile accedere ad una piazza andare in un'altra.

Insomma, inventare sul momento. Per dare un'idea: ad un certo punto una folla di qualche migliaio di persone, vedendo chiusa la strada per l'università, si è inaspettatamente diretta verso l'ambasciata cinese. Ufficialmente per contestate la repressione contro i musulmani uiguri (e, per inciso, ovviamente anche per contestate il riconoscimento di A.N. come presidente). Questo ha messo in grande difficoltà le forze anti sommossa, che avrebbero dovuto disperdersi , allontanarsi dal luogo dov'erano di stanza, e per di più reprimere una manifestazione di solidarietà con un popolo musulmano oppresso! Semplicemente geniale, e per di più deciso sul momento.

Chiuse le vie principali di accesso alle piazze, i manifestanti hanno attraversato i vicoli circostanti (aumentando di numero perché "la massa chiama la massa", come dice Elias Canetti). In Piazza Enghelab sono stati caricati, così sono tornati nei vicoli e hanno tirato su barricate.

Questa tattica ha disperso enormemente le forze di polizia e dei bassij, e ne ha notevolmente diminuito la forza d'urto. Ma non è stata una piccola cosa: a occhio, e basandosi sui messaggi e sui pochi filmati per ora disponibili, solo a Teheran ci saranno state cento o diecentomila persone. Ma situazioni analoghe si sono segnalate, nella giornata, a Mashhad, Isfahan, Shiraz, Tabriz, Orumyyeh, Sari e persino città piccole come Babol e Miandoab. Purtroppo solo a Teheran ci sono stati almeno un paio di morti. Nelle altre città probabilmente non lo sapremo mai.

Si segnala anche una forte attività di provocatori. Oggi erano molto presenti nei forum e su FB. Come nota giustamente Sazegara, una delle tattiche più usate dalle dittature contro i movimenti di opposizione è la cosiddetta "confrontazione parallela": i provocatori legati al regime si fingono simpatizzanti e cercano di deviare il movimento verso posizioni più estreme ("armiamoci, spariamo ai bassij!") e più moderate ("che fine ha fatto Moussavi? perché manda i nostri figli a morire e si nasconde?"). L'obiettivo è togliere consenso alla linea principale. Ma per ora sembra che il movimento sia in grado di individuarli rapidamente.

Come ho già avuto modo di dire, le rivoluzioni in Iran sono gare di resistenza, non di velocità. E tutto sommato è stata una giornata importante, per il fatto che il movimento si è dimostrato vitale, solido, con la popolarità in aumento, e direi in possesso di maggiore confidenza con la strada. Diversi messaggi confermano la sensazione di una certa spossatezza tra le forze dell'ordine, soprattutto tra i meno motivati poliziotti anti sommossa.

I difetti: necessario sviluppare meglio l'aspetto comunicativo con le fasce della popolazione che non accedono a Internet. Ad esempio il volantinaggio e la comunicazione diretta. Tutto sommato forse il boicottaggio dell'SMS è stato un errore. Ma siamo solo all'inizio, queste cose si imparano in fretta se c'è la... fratellanza...

Ecco, dicevo appunto. La "liberté" e la "egalité" sono cose abbastanza chiare. Oddio, ognuno ci ha una sua idea su cosa siano e come debbano essere, ma sono cose che possono essere gestite dal diritto, dalla legislazione. La fratellanza non piò essere imposta da nessuna legislazione, la fratellanza si "sente".

Spesso ho pensato: ma come ha fatto a venirgli in mente il concetto stesso? Voglio dire, io per i miei condomini non provo fratellanza. E non mi verrebbe mai in mente un "pilastro" dello stato che non possa essere definito da leggi. Come hanno fatto a pensarci i rivoluzionari francesi? E a questo punto mi sono dato una risposta: la rivoluzione.

Parliamoci chiaro. Cos'è che mi spinge a tenere in piedi questo blog quando potrei giocare a Half Life 2 o potrei vedermi un film? Perché è chiaro che io sento il bisogno, sento il dovere di tenere su questo blog, per quanto preso in sé esso sia di un'inutilità totale. Raccontare le mie opinioni sull'Iran a una decina di amici è certo cosa gradevole, ma non è che con o senza questo blog le cose in Iran cambino.

L'unica ragione è la fratellanza. Ognuna delle persone che partecipa a questa protesta fa quanto è in suo potere per raggiungere l'obiettivo. Chi usa la miscela della sua moto per dare fuoco ai cassonetti e disperdere i lacrimogeni, chi filma la scena da una stanza sul viale, e chi la racconta sul suo blog a seimila chilometri di distanza. Sono tutti legati da un obiettivo che li rende fratelli, ed è per questo che vediamo quella parola apparire nel motto della rivoluzione francese: avevano provato quella sensazione durante la loro lotta, e per questo ne conoscevano l'importanza.

Ed è anche la prima cosa che si perde subito dopo la rivoluzione. Raggiunto l'obiettivo si ritorna alla vita di sempre. Si sono persi i fratelli, e arriva la malinconia. Ma nel frattempo, prima di raggiungere l'obiettivo, è una sensazione che riempe la vita.

PS - ci sono diversi link che contengono filmati delle proteste di oggi. La pagina FB di Moussavi ad esempio. E poi questo link su iReport. E' probabile che nei prossimi giorni arriverà qualcosa anche dalla provincia.

PPS - mi sbaglierò, ma il regime ha una grossa fortuna: il decimo giorno di Muharram è ancora lontano.