Significa "alba" ed è il nome dell'ottantanovesima sura del Corano.
Nella liturgia della Repubblica Islamica le "giornate di Fajr" sono dieci giornate - vedi versetto 2 della sura - che vanno dall'1 al 11 febbraio 1979. Cioè dal giorno del ritorno di Khomeini alla resa delle ultime forze fedeli al re.
In tempi normali queste giornate sono occasione di festeggiamenti, comizi, festival cinematografici e culturali in genere, e manifestazioni popolari. Quest'anno i festeggiamenti a carattere culturale si sono ridotte al nulla, dato il forfait in massa dell'intera "intellighentia" che non ha nessuna voglia di vedersi associata a un estabilishment odiato. I comizi probabilmente si terranno tutti al chiuso per evitare accuratamente le contestazioni. Resteranno solo le manifestazioni dove ancora una volta l'opposizione avrà occasione di contarsi.
Ma questo è un post a carattere storico, con l'obiettivo di far conoscere nel dettaglio cosa accadde nella "decade dell'alba" nel febbraio del 1979. Va premesso che si trattò delle sole giornate finali di una rivoluzione che durava da due anni, ma furono anche le più drammatiche.
1 febbraio 1979:
L'ayatollah Khomeini atterra a Teheran. Ingenti misure di sicurezza. La folla accorsa ad attenderlo formerà un cordone ininterrotto, ai lati della strada, lungo 33 chilometri. Dopo un discorso rivolto alla folla in aeroporto, andrà a visitare i sepolcri dei caduti della rivoluzione nel cimitero di Teheran.
3 febbraio 1979:
Conferenza stampa di Khomeini: "non mi costringano ad invitare il popolo alla Guerra Santa. Se la Jihad si renderà necessaria saremo in grado di armarci. Presto presenterò il governo. I membri del Consiglio della Rivoluzione sono già stati individuati. Chiedo all'esercito di unirsi a noi. I militari sono nostri figli e noi gli vogliamo bene, devono ritornare in seno al popolo quanto prima. La bozza della nuova costituzione sarà messa al voto popolare, e tutti i cittadini stranieri potranno continuare a vivere liberamente nel paese".
5 febbraio 1979:
Khomeini presenta il governo provvisorio della rivoluzione, guidato da Mehdì Bazargan. Il programma del nuovo governo consisteva nel traghettare il paese verso il referendum sulla scelta tra monarchia e repubblica, l'elezione dell'Assemblea Costituente, e l'elezione del nuovo parlamento.
8 febbraio 1979:
A Teheran si tenne la più grande manifestazione della rivoluzione. I giornali parlarono di 7 milioni di persone. Alla fine della marcia, i manifestanti "fiduciarono" il governo Bazargan per acclamazione.
9 febbraio 1979:
Venerdì, giorno di festa. La situazione precipita. Durante un comizio di Bazargan, all'università, si ha notizia di scontri tra la Guardia Immortale fedele al re e le forze di terra dell'aeronautica (che si erano già unite al popolo). La popolazione accorre in aiuto delle forze amiche ma non riesce a rompere l'assedio. Si conteranno decine di morti.
10 febbraio 1979:
Conflitto armato tra le forze fedeli alla monarchia e la popolazione che aveva assaltato caserme e posti di polizia per armarsi. Durissimi scontri con impiego unità corazzate del regime.
Il governatore militare di Teheran, Rahimi, nominato dal re prima della sua partenza all'estero, ha comunicato il coprifuoco totale a partire dalle ore 16:30 fino alle ore 05:00 del mattino, poi allungato fino alle 12:00. Tuttavia la popolazione aveva già creato posti di blocco e trincee improvvisate in tutta la città, e pertanto non si riuscì ad imporre il coprifuoco.
11 febbraio 1979:
La popolazione armata assaltò e liberò, nell'ordine: il carcere di Evin, la sede della SAVAK, il palazzo reale, il Parlamento e il Senato, la prefettura e la gendarmeria.
Durante la presa della prefettura il governatore militare di Teheran, il Maggiore Generale Mehdi Rahimi, cadrà nelle mani dei gruppi armati. Sarà processato e fucilato 4 giorni dopo insieme ad altri tre generali: Rabii (generale dell'aeronautica), Mohagheghi (generale dell'aeronautica), e Naji (generale di fanteria e capo del governatorato militare di Isfahan). Una dopo l'altra si arresero tutte le caserme.
Nel frattempo si tenne una riunione tra i più altri gradi dell'esercito, vi parteciparono una ventina di generali. A maggioranza si decise la resa dell'esercito al governo rivoluzionario. Fu emesso un comunicato scritto fatto leggere allo speaker della televisione, interrompendo la normale programmazione.
Poco dopo le forze della rivoluzione occuparono la sede della Radio Televisione nazionale, e fu comunicata al paese la destituzione della dinastia Pahlavi.
Nella liturgia della Repubblica Islamica le "giornate di Fajr" sono dieci giornate - vedi versetto 2 della sura - che vanno dall'1 al 11 febbraio 1979. Cioè dal giorno del ritorno di Khomeini alla resa delle ultime forze fedeli al re.
In tempi normali queste giornate sono occasione di festeggiamenti, comizi, festival cinematografici e culturali in genere, e manifestazioni popolari. Quest'anno i festeggiamenti a carattere culturale si sono ridotte al nulla, dato il forfait in massa dell'intera "intellighentia" che non ha nessuna voglia di vedersi associata a un estabilishment odiato. I comizi probabilmente si terranno tutti al chiuso per evitare accuratamente le contestazioni. Resteranno solo le manifestazioni dove ancora una volta l'opposizione avrà occasione di contarsi.
Ma questo è un post a carattere storico, con l'obiettivo di far conoscere nel dettaglio cosa accadde nella "decade dell'alba" nel febbraio del 1979. Va premesso che si trattò delle sole giornate finali di una rivoluzione che durava da due anni, ma furono anche le più drammatiche.
1 febbraio 1979:
L'ayatollah Khomeini atterra a Teheran. Ingenti misure di sicurezza. La folla accorsa ad attenderlo formerà un cordone ininterrotto, ai lati della strada, lungo 33 chilometri. Dopo un discorso rivolto alla folla in aeroporto, andrà a visitare i sepolcri dei caduti della rivoluzione nel cimitero di Teheran.
3 febbraio 1979:
Conferenza stampa di Khomeini: "non mi costringano ad invitare il popolo alla Guerra Santa. Se la Jihad si renderà necessaria saremo in grado di armarci. Presto presenterò il governo. I membri del Consiglio della Rivoluzione sono già stati individuati. Chiedo all'esercito di unirsi a noi. I militari sono nostri figli e noi gli vogliamo bene, devono ritornare in seno al popolo quanto prima. La bozza della nuova costituzione sarà messa al voto popolare, e tutti i cittadini stranieri potranno continuare a vivere liberamente nel paese".
5 febbraio 1979:
Khomeini presenta il governo provvisorio della rivoluzione, guidato da Mehdì Bazargan. Il programma del nuovo governo consisteva nel traghettare il paese verso il referendum sulla scelta tra monarchia e repubblica, l'elezione dell'Assemblea Costituente, e l'elezione del nuovo parlamento.
8 febbraio 1979:
A Teheran si tenne la più grande manifestazione della rivoluzione. I giornali parlarono di 7 milioni di persone. Alla fine della marcia, i manifestanti "fiduciarono" il governo Bazargan per acclamazione.
9 febbraio 1979:
Venerdì, giorno di festa. La situazione precipita. Durante un comizio di Bazargan, all'università, si ha notizia di scontri tra la Guardia Immortale fedele al re e le forze di terra dell'aeronautica (che si erano già unite al popolo). La popolazione accorre in aiuto delle forze amiche ma non riesce a rompere l'assedio. Si conteranno decine di morti.
10 febbraio 1979:
Conflitto armato tra le forze fedeli alla monarchia e la popolazione che aveva assaltato caserme e posti di polizia per armarsi. Durissimi scontri con impiego unità corazzate del regime.
Il governatore militare di Teheran, Rahimi, nominato dal re prima della sua partenza all'estero, ha comunicato il coprifuoco totale a partire dalle ore 16:30 fino alle ore 05:00 del mattino, poi allungato fino alle 12:00. Tuttavia la popolazione aveva già creato posti di blocco e trincee improvvisate in tutta la città, e pertanto non si riuscì ad imporre il coprifuoco.
11 febbraio 1979:
La popolazione armata assaltò e liberò, nell'ordine: il carcere di Evin, la sede della SAVAK, il palazzo reale, il Parlamento e il Senato, la prefettura e la gendarmeria.
Durante la presa della prefettura il governatore militare di Teheran, il Maggiore Generale Mehdi Rahimi, cadrà nelle mani dei gruppi armati. Sarà processato e fucilato 4 giorni dopo insieme ad altri tre generali: Rabii (generale dell'aeronautica), Mohagheghi (generale dell'aeronautica), e Naji (generale di fanteria e capo del governatorato militare di Isfahan). Una dopo l'altra si arresero tutte le caserme.
Nel frattempo si tenne una riunione tra i più altri gradi dell'esercito, vi parteciparono una ventina di generali. A maggioranza si decise la resa dell'esercito al governo rivoluzionario. Fu emesso un comunicato scritto fatto leggere allo speaker della televisione, interrompendo la normale programmazione.
Poco dopo le forze della rivoluzione occuparono la sede della Radio Televisione nazionale, e fu comunicata al paese la destituzione della dinastia Pahlavi.
Nessun commento:
Posta un commento