sabato 6 febbraio 2010

"Vedo!"

Da più parti gli analisti si interrogano quanto sia vicino lo show-down. Perché in tutti i moti popolari, coronati o no di successo, prima o poi è arrivato il momento della cosiddetta "azione finale".

A volte è arrivata subito, a volte dopo anni. Ma quando arriva quel momento gli eventi si rincorrono come impazziti e i minuti si sembrano accorciare. Basta un piccolo incidente imprevisto, e in situazioni del genere tutto è imprevedibile.

Escalation di demenza

Di certo il governo fino ad oggi le ha provate tutte: prima fase di repressione, culminata con gli stupri in carcere a Kahrizak più o meno sbandierati per ottenere paura; poi tentativi di dividere l'opposizione nelle sue componenti, di mettere in piedi qualche show stradale "spontaneo" di appoggio al governo, di mostrarsi pronto a un dialogo finto del tipo "parliamo a patto che dici di sì a quello che dico io"; poi è arrivato ad attivare gruppi di fuoco e ucciso due notabili in attentati terroristici, effettuato arresti in massa, messo alla forca due innocenti e promesso di ucciderne presto altri undici.

E, notizia di ieri, fatto attaccare la moschea dell'Ayatollah Dastgheib - a Shiraz - da una squadra di delinquenti che hanno picchiato i presenti riuniti a commemorare i caduti della rivoluzione del 1979.

Attenzione, ripeto se non si fosse capito, hanno attaccato i fedeli riuniti in una moschea di un "Marjà" sciita a pregare: non erano le squadre di integralisti Indù nel Gujarat governato dal Bharat Janata Party, non erano coloni della West Bank fedeli al rabbino Kahane, non erano soldati russi nel Daghestan. Erano squadre in borghese della Repubblica Islamica dell'Iran.

Secondo l'articolo poi la polizia è intervenuta "convincendo gli assalitori a smettere di tirare i sassi e andarsene". Li hanno convinti, eh? mica arrestati. Che autocontrollo la polizia di Shiraz.

Ho già sostenuto più volte che il ritmo dell'avanzata del consenso dell'opposione, nelle fasi rivoluzionarie, è scandito sia dai propri meriti sia dagli errori dettati dalla stupidità delle tirannie.

Una stupidità intrinseca, in quanto il tiranno non ammette contraddittorio: chi guarda le cose sempre solo da un'angolatura, poi capita che si ritrova un cetriolo all'altezza del fondoschiena non sa spiegarsi da dove è sbucato. Perché non ha voluto ascoltare quelli che il cetriolo l'avevano visto crescere, e quando avevano provato ad avvisarlo li aveva zittiti: che bisogno c'è di democrazia? so già tutto io. E ora goditi il cetriolo.

Il ritmo degli errori del regime sembra essersi intensificato. Tra il 27 dicembre e oggi ci saranno stati 5-6000 arresti, ho smesso di tenere il conto. Poi hanno messo in bocca a persone dell'opposizione mezze frasi di riconciliazione che sono state puntualmente confutate da nette prese di posizione degli interessati, facendo l'ennesima figura da stupidi.

Si sono comprati la maledizione eterna condannando a morte due innocenti pur di fare paura al popolo.

Lo hanno fatto in un paese dove da trent'anni, su ogni muro, campeggiano scritte come "uno stato si può reggere sull'empietà, ma non sull'ingiustizia" (Maometto).

Lo hanno fatto in un paese dove la leggenda di Zahhak, il vecchio re maledetto con due serpenti sulle spalle, che doveva uccidere due giovani al giorno e darli in pasto ai suoi due serpenti pur di sopravvivere e restare sul trono, te la raccontano da bambino.

Eppure il ministro di "giustizia" ha annunciato altre 11 condanne senza fare nomi, gettando nella cupa disperazione centinaia di madri, padri, mogli, mariti. Ho ascoltato l'intervista al padre di uno dei due impiccati, Arash Rahmanipour. Aveva il tono fermo del padre di un eroe d'annunziano caduto sul fronte del Carso nel 1917, cioè l'esatto contrario di ciò che si proponevano condannando a morte il figlio.

Sono arrivati ad arrestare, e persino a pestare, le madri dei prigionieri che ormai da settimane si radunano giornalmente davanti al carcere di Evin per chiedere notizie dei loro figli oppure il loro rilascio. Le madri non hanno smesso di riunirsi, si è stancata la polizia di rischiare l'ammutinamento tra i reparti per pestarle. E così ieri hanno emesso questo comunicato:

"Venerdì è il 40esimo giorno dei caduti dell'Ashura. Noi abbiamo deciso, ciascuno nella misura delle sue possibilità, di donare del cibo ai senzatetto per onorare la loro memoria. Preghiamo chiunque abbia la possibilità di fare la stessa cosa, e di pregare di cuore per la salute dei nostri congiunti, tenuti in ostaggio nelle carceri, che potrebbero essere consegnati al boia in qualunque momento. Noi non abbiamo più nessun appiglio se non quello di rivolgerci alla corte del Signore". In altre parole, citando Alì: "abbi paura di quell'oppresso al quale non è rimasto altro che appellarsi a Dio".

Show Down

Riassumendo: stanno solo rendendo più decisa l'opposizione. Così settimana scorsa l'ultima perla. Se ne esce - tomo tomo, cacchio cacchio - Zahhak, pardon Khamenei, a dire che sì, il popolo l'11 febbraio venga pure a manifestare per ricordare i valori della rivoluzione. Quindi ora la manifestazione ha anche l'autorizzazione suprema.

Perciò "vedo!" insomma contiamoci.

Molto probabilmente raccoglieranno le loro forze da tutto il paese per poter mettere insieme 200.000 persone e occupare piazza Azadi, metteranno una tribuna di giornalisti per filmare l'evento, magari bloccheranno le vie di accesso e anche internet per ritardare l'invio di filmati indesiderati.

La cosa buffa è che solo i ragazzi dei quartieri di Eslamshahr, Apadana e Ekbatan - come si dice su Balatarin - probabilmente basterebbero a superarli in numero. Senza contare che il resto del paese così sarà praticamente in mano all'opposizione. Vedremo.

Leadership

Negli ultimi mesi si aveva avuta l'impressione che la leadership del movimento, nella persona di Mousavi soprattutto, fosse rimasta più indietro rispetto alla fase politica che attraversava il movimento stesso.

Con l'intervista del 2 febbraio (qui la traduzione in inglese - scroll down!) ha sicuramente proposto in modo fermo, netto e chiaro, i desiderata del movimento.

Per certi versi si può addirittura dire che ha superato il movimento, o almeno si è posto tra le avanguardie: nella misura in cui dice che la costituzione non è rivelazione divina e può essere cambiata, che la Rivoluzione Islamica è rimasta incompiuta poiché nel paese regna ancora la tirannia.

Una precedente intervista - va detto pubblicata dalla governativa Fars News - aveva lasciato intendere che Karoubi aveva definito Ahmadinejad presidente legittimo. Almeno questo era lo "spin" che ne diede Fars News. Un successivo "chiarimento" del figlio di Karoubi aumentò la confusione.

Lo "Sheikh" ha più avanti chiarito che c'è una differenza tra presidenza "de jure" e presidenza "de facto", e che lui intendeva questa seconda fattispecie nel senso che costui, presidente "de facto" comunque è responsabile delle decisioni che prenderà.

Ha tagliato la testa al topo - perché in fondo di un topo si trattava - Zahra Rahnavard moglie di Mousavi con un'intervista in cui dichiarava nettamente il suo "hinc manebimus optime". Insomma non arretriamo di un centimetro.

Ma tutta questa messinscena di Fars News è storia antica. La storia recente è la convocazione parallela di Karoubi alla manifestazione del 11 febbraio con toni e argomentazioni diverse ma identiche nella sostanza.

Ricordo che all'inizio della crisi un amico mi disse "avete politici del genere all'opposizione e ti lamenti?". Ripensandoci aveva ragione, ma va detto che c'è quantomeno un vincolo di reciproca influenza tra leadership e masse.

Un poveraccio

Un ultima parola su Ahmadinejad. Sazegara dice che sembra ormai uno di quei poveretti che chiunque passa gli dà una sberla. Insomma in balia degli eventi. L'opposizione ha persino smesso di gridargli contro, ora che ha individuato il bersaglio grosso. I capi della Sepah parlano direttamente col Leader e lo trattano da impiegato.

Mercoledì ho visto un'intervista in cui diceva "ma sì, l'uranio lo facciamo arricchire fuori fino al 20%, facciamo un contratto, dov'è il problema?". Il lato tedesco del 5+1 avrebbe risposto qualcosa che suona più o meno come "vai e torna quando il tuo capo ha firmato la bozza".

Se non mi facesse schifo mi farebbe pena. Vabbé per oggi finiamola qui.

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