mercoledì 10 febbraio 2010

Quando sarà domani


Traduco un tweet di Manic77.

***

Quando sarà domattina tu avrai il fucile, avrai le pallottole, avrai l'elmetto. Io avrò solo i miei ricordi. Ricordi di paura e di odio.

Ero bambino, d'estate andavamo al nord. Ai tempi non esistevano le circonvallazioni, la strada passava fin nel centro delle città. A Chalus c'era un posto di blocco, e c'era un tale che latrava insulti con un megafono: "ehi tu, dentro la Peykan, non hai un po' di onore? si vedono i capelli di tua moglie!", e poi "Abbas perquisiscila bene quella che hanno facce anti islamiche".

Mica solo per andare al nord, dappertutto era così. Persino qui, in centro. Io ero piccolissimo, ci hanno bloccato coi fucili spianati. Erano quattro ragazzini. Hanno fatto un terzo grado a mamma e papà chiedendogli se fossero sposati e che tipo di rapporti avessero. Hanno perquisito tutta la macchina. E nel frattempo ci coprivano di insulti.

Tu hai il fucile, io ho i ricordi.

Ero bambino. Papà ci aveva portati al parco a giocare. Era seduto anche lui e leggeva un libro. Ricordo che era un libro di storia sul colpo di stato del luglio 1953. Ricordo il titolo perché stavo imparando appena a leggere e cercavo di leggere tutti i titoli dei libri che mi capitavano.

Stavamo giocando che sono arrivati i "fratelli". Hanno arrestato mio padre perché leggeva "libri proibiti". Credo fossero analfabeti, solo che la copertina era rossa ed evidentemente secondo loro tutti i libri con la copertina rossa erano da comunisti. Ci hanno tenuti per qualche ora rinchiusi nel comitato, poi ci hanno liberati.

Lucida bene il manganello che io ho i miei ricordi, qui a fianco.

Amanyyeh prima si chiamava Amanyyeh, poi s'è chiamata Martire Mehri. Parvaneh è diventata Martire Tarkesh Duz. Sabt è diventata Fratelli Soleymani Martiri. Jafar Abad è diventata Jafari Martire, Nader è diventata Martire Kaj Abadi, Zafar Martire Dastjerdi. tutte le vie e i vicoli della mia infanzia sono diventati martiri. Martiri di una guerra che sarebbe dovuta finire molto prima.

La mia infanza era il suono dell'allarme aereo. "Il segnale che state ascoltando..." era seguito dal suono delle bombe, e dal suono della contraerea. Il nostro gioco preferito era cercare i bossoli terra-aria. L'infanzia si riduceva a nasconderci nei rifugi. Con mamma che metteva un cuscino intorno alle mie orecchie e uno a quelle di mio fratello, e io non riuscivo a dormire pensando che se fosse caduta una bomba lì vicino le orecchie della mamma non erano coperte da cuscini. Di notte sogno ancora il suono dell'allarme aereo, delle bombe, della contraerea.

Fissa bene l'elmetto, che i miei ricordi sono qui, pronti a riversarsi sulla tua testa.

Ero studente universitario da poco. Le nostre giornate erano che a ogni incrocio ci fermassero e ci picchiassero senza motivo. Stavo camminando in vico Ghobadian. Il soldato che stava di guardia alla casa del capo della polizia tutt'a un tratto mi prese a calci e pugni. Io ero più sorpreso che dolorante, e mi ha detto "così impari a dire porcate alle ragazze".

Ho guardato in giro. In tutto il vicolo c'eravamo solo io, il soldato, e forse qualche gatto. Forse se l'era immaginato. Mi sono tenuto le sberle, non ho detto niente, tanto non avrei potuto fare nulla. Ma non mi sono dimenticato. Mi sono tenuto stretto tutti i ricordi, per riversarteli addosso domattina.

Impugna stretto lo scudo, queste non sono pietre e molotov, questi sono i rospi ingoiati di tutta una vita che avete reso un inferno. Sono le nostre gioie che avete represso. I nostri sorrisi in mezzo ai quali apparivano i vostri musi abominevoli. Le feste che sono passate nella paura che arrivaste da un momento all'altro. E poi scappa sul tetto, poi sul tetto del vicino, sul suo balcone, poi giù nel suo giardino...

Nasconditi dentro al tuo giubbetto di kevlar. Questa non è una pietra. Sono le mie risate che avete spento. Il magone di tutta una vita, di un'infanzia, di una giovinezza che mi avete sottratto.

Nessun commento:

Posta un commento