Ricevo notizie della chiusura totale del bazar di Tabriz e almeno metà del bazar di Teheran.
Per esperienza so che, almeno durante lo svilupparsi di moti rivoluzionari, le analisi dei marxisti in genere sono estremamente azzeccate e aiutano a capire la situazione sul campo. Pertanto traduco dal persiano un articolo pubblicato sulla webzine "rahe tudeh" organo del partito comunista iraniano in clandestinità.
Per esperienza so che, almeno durante lo svilupparsi di moti rivoluzionari, le analisi dei marxisti in genere sono estremamente azzeccate e aiutano a capire la situazione sul campo. Pertanto traduco dal persiano un articolo pubblicato sulla webzine "rahe tudeh" organo del partito comunista iraniano in clandestinità.
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La violenza messa in atto dal regime in occasione delle esequie dell'Ayatollah Montazeri e delle successive ricorrenze religiose di Tassua e Ashura ha dimostrato che non esiste alcuna possibilità di imporre al popolo la ritirata per mezzo della repressione.
Detto in un altro modo il popolo non accetta più di essere governato come in passato e pertanto il regime - pur avendo provato qualunque opzione e manovra - non sarà più in grado di governare il popolo.
Nel prossimo futuro saremo testimoni, da una parte, di nuove forme di lotta e di resistenza nazionale e, dall'altra, dell'aggiungersi di nuove forze al movimento. E' presumibile che ciò avvenga tra oggi e l'anniversario della caduta della monarchia, il 22 febbraio.
Non si sta parlando di lotta armata, e le nostre parole non devono essere interpretate in questo senso, sebbene non sia affatto escluso che parte delle forze armate confluiscano nel movimento. Oltre a ciò saremo testimoni di occupazioni, di un sempre maggiore sgretolarsi della sovrastruttura religiosa del regime con una sempre più marcata presa di distanza delle "hawza" islamiche.
La gente sta aspettando ogni giorno il momento adatto per insorgere. Come in tutti i precedenti storici, gli eventi imprevisti possono trasformarsi in occasioni. Un eccellente esempio è fornito dalla morte dell'Ayatollah Montazeri: in quell'occasione la nazione ha sì dimostrato la sua riconoscenza per un personaggio vicino al popolo, per quanto egli stesso un religioso e addirittura fondatore della Repubblica Islamica. Ma ha anche dimostrato di non lasciarsi sfuggire nessuna occasione per sfidare il regime e il cuore del potere, formato ormai da un gruppo di capi miliziani e mullah di regime.
La nazione, nell'Ashura di quest'anno, non ha dato retta alla propaganda del governo che invitava a concentrarsi solo sulle cerimonie di autoflagellazione. Il popolo quest'anno non ha fatto come gli sciiti dell'Irak o dell'Afghanistan che si insanguinano la testa e la schiena con colpi di catene e sciabolate. Al contrario ha alzato il proprio pugno contro la tirannia, esattamente come suggerì di fare l'Ayatollah Khomeini nel muharram del 1978.
Così nelle manifestazioni dell'Ashura di quest'anno l'obiettivo del popolo è stata la persona di Khamenei. Non in quanto religioso ma in quanto comandante in capo delle forze armate, e in quanto protettore istituzionale del colpo di stato del 12 giugno.
Al popolo non interessa quanto Khamenei sia manipolato dai miliziani, o cosa stia passando dietro le quinte: Khamenei, in quanto comandante in capo delle forze armate, è riconosciuto come il responsabile oggettivo della repressione e del golpe.
In questo articolo di analisi, che esce con un giornale che ci vede profondamente addolorati per i caduti degli ultimi giorni, vorremmo discutere di alcune questioni che vegono poste da analisti politici stranieri. Questioni alle quali essi stessi danno delle risposte, che però non condividiamo.
Una di queste sottolinea la supposta differenza tra il movimento di oggi e i moti che portarono alla caduta dello Shah nel 1978-79. Differenza rilevata nel fatto che le classi lavoratrici non si sarebbero ancora affiancate al movimento, e che ciò sia dovuto ad una redistribuzione degli introiti del petrolio divenuto base strutturale del regime.
Ora, coloro che hanno seguito attentamente le notizie dall'Iran negli ultimi due anni sono al corrente di numerosi e crescenti episodi di lotta sindacale, occupazioni di fabbriche e scioperi, tutte represse dal regime. Sono ancora in carcere i rappresentanti sindacali dei camionisti, come pure sono ancora in carcere i leader sindacali degli insegnanti e degli infermieri...
La differenza con il 1978, semmai, è che questa volta le agitazioni dei lavoratori sono iniziate prima del diffondersi di un movimento politico di opposizione al regime, mentre nel 1978 successe il contrario. Rendersi conto di questa differenza è importante perché fa comprendere la reale diffusione della base di malcontento e dà un'idea del modo in cui la lotta proseguirà.
Nel 1978, alla fine dell'autunno e dopo l'impantanarsi dell'esercito dello Shah tutto occupato a far rispettare il coprifuoco nelle strade, iniziarono i primi scioperi e le prime occupazioni. Tra queste, quella dei petrolchimici e dei giornalisti. Lo Shah cercò di affrontare anche queste lotte con la repressione, ma questa strada non era più percorribile in quanto l'incendio della rivoluzione ormai divampava in tutto il paese.
Così gli scioperi e le occupazioni divennero la forma di lotta principale, dato che erano meno costosi in termini di vite umane. Ma in questi scioperi l'aspetto politico era prioritario rispetto all'aspetto contrattuale e salariale [*].
Questo è proprio il punto al quale si è prestato meno attenzione. La morte dell'Ayatollah Montazeri e gli eventi successivi hanno mostrato la portata del malcontento e la sua diffusione tra i più svariati strati della popolazione, sia tra le classi (persino i religiosi) sia in senso geografico (nella profonda provincia). Questo costringe la repressione volente o nolente a dividere le forze, il che finirà fatalmente per provocare un'emorragia anche tra queste stesse forze.
Sono qui che iniziano le opportunità per le nuove forme di lotta come nel 1978. L'operaio, l'insegnante, l'infermiere, e persino il negoziante del bazar, contrariamente a quel che si crede sono già schierati con il movimento, ma per ora ciascun settore sociale partecipa alle dimostrazioni nelle strade secondo le proprie priorità e possibilità.
Ciò che ancora manca - e le condizioni per ovviare a questa mancanza si stanno velocemente concretizzando - sono appunto gli scioperi e le occupazioni di fabbrica. Ed è in questo che consiste il salto qualitativo, la nuove forma di lotta, che ci dobbiamo aspettare.
[*] Tanto è vero che il regime, per nascondere l'estensione dello sciopero, arrivò a pagare lo stesso la giornata ai dipendenti pubblici che scioperavano. Episodio capitato a mio zio buonanima nell'estate del 1978, che, insieme ad altri, rifiutò il denaro.
Detto in un altro modo il popolo non accetta più di essere governato come in passato e pertanto il regime - pur avendo provato qualunque opzione e manovra - non sarà più in grado di governare il popolo.
Nel prossimo futuro saremo testimoni, da una parte, di nuove forme di lotta e di resistenza nazionale e, dall'altra, dell'aggiungersi di nuove forze al movimento. E' presumibile che ciò avvenga tra oggi e l'anniversario della caduta della monarchia, il 22 febbraio.
Non si sta parlando di lotta armata, e le nostre parole non devono essere interpretate in questo senso, sebbene non sia affatto escluso che parte delle forze armate confluiscano nel movimento. Oltre a ciò saremo testimoni di occupazioni, di un sempre maggiore sgretolarsi della sovrastruttura religiosa del regime con una sempre più marcata presa di distanza delle "hawza" islamiche.
La gente sta aspettando ogni giorno il momento adatto per insorgere. Come in tutti i precedenti storici, gli eventi imprevisti possono trasformarsi in occasioni. Un eccellente esempio è fornito dalla morte dell'Ayatollah Montazeri: in quell'occasione la nazione ha sì dimostrato la sua riconoscenza per un personaggio vicino al popolo, per quanto egli stesso un religioso e addirittura fondatore della Repubblica Islamica. Ma ha anche dimostrato di non lasciarsi sfuggire nessuna occasione per sfidare il regime e il cuore del potere, formato ormai da un gruppo di capi miliziani e mullah di regime.
La nazione, nell'Ashura di quest'anno, non ha dato retta alla propaganda del governo che invitava a concentrarsi solo sulle cerimonie di autoflagellazione. Il popolo quest'anno non ha fatto come gli sciiti dell'Irak o dell'Afghanistan che si insanguinano la testa e la schiena con colpi di catene e sciabolate. Al contrario ha alzato il proprio pugno contro la tirannia, esattamente come suggerì di fare l'Ayatollah Khomeini nel muharram del 1978.
Così nelle manifestazioni dell'Ashura di quest'anno l'obiettivo del popolo è stata la persona di Khamenei. Non in quanto religioso ma in quanto comandante in capo delle forze armate, e in quanto protettore istituzionale del colpo di stato del 12 giugno.
Al popolo non interessa quanto Khamenei sia manipolato dai miliziani, o cosa stia passando dietro le quinte: Khamenei, in quanto comandante in capo delle forze armate, è riconosciuto come il responsabile oggettivo della repressione e del golpe.
In questo articolo di analisi, che esce con un giornale che ci vede profondamente addolorati per i caduti degli ultimi giorni, vorremmo discutere di alcune questioni che vegono poste da analisti politici stranieri. Questioni alle quali essi stessi danno delle risposte, che però non condividiamo.
Una di queste sottolinea la supposta differenza tra il movimento di oggi e i moti che portarono alla caduta dello Shah nel 1978-79. Differenza rilevata nel fatto che le classi lavoratrici non si sarebbero ancora affiancate al movimento, e che ciò sia dovuto ad una redistribuzione degli introiti del petrolio divenuto base strutturale del regime.
Ora, coloro che hanno seguito attentamente le notizie dall'Iran negli ultimi due anni sono al corrente di numerosi e crescenti episodi di lotta sindacale, occupazioni di fabbriche e scioperi, tutte represse dal regime. Sono ancora in carcere i rappresentanti sindacali dei camionisti, come pure sono ancora in carcere i leader sindacali degli insegnanti e degli infermieri...
La differenza con il 1978, semmai, è che questa volta le agitazioni dei lavoratori sono iniziate prima del diffondersi di un movimento politico di opposizione al regime, mentre nel 1978 successe il contrario. Rendersi conto di questa differenza è importante perché fa comprendere la reale diffusione della base di malcontento e dà un'idea del modo in cui la lotta proseguirà.
Nel 1978, alla fine dell'autunno e dopo l'impantanarsi dell'esercito dello Shah tutto occupato a far rispettare il coprifuoco nelle strade, iniziarono i primi scioperi e le prime occupazioni. Tra queste, quella dei petrolchimici e dei giornalisti. Lo Shah cercò di affrontare anche queste lotte con la repressione, ma questa strada non era più percorribile in quanto l'incendio della rivoluzione ormai divampava in tutto il paese.
Così gli scioperi e le occupazioni divennero la forma di lotta principale, dato che erano meno costosi in termini di vite umane. Ma in questi scioperi l'aspetto politico era prioritario rispetto all'aspetto contrattuale e salariale [*].
Questo è proprio il punto al quale si è prestato meno attenzione. La morte dell'Ayatollah Montazeri e gli eventi successivi hanno mostrato la portata del malcontento e la sua diffusione tra i più svariati strati della popolazione, sia tra le classi (persino i religiosi) sia in senso geografico (nella profonda provincia). Questo costringe la repressione volente o nolente a dividere le forze, il che finirà fatalmente per provocare un'emorragia anche tra queste stesse forze.
Sono qui che iniziano le opportunità per le nuove forme di lotta come nel 1978. L'operaio, l'insegnante, l'infermiere, e persino il negoziante del bazar, contrariamente a quel che si crede sono già schierati con il movimento, ma per ora ciascun settore sociale partecipa alle dimostrazioni nelle strade secondo le proprie priorità e possibilità.
Ciò che ancora manca - e le condizioni per ovviare a questa mancanza si stanno velocemente concretizzando - sono appunto gli scioperi e le occupazioni di fabbrica. Ed è in questo che consiste il salto qualitativo, la nuove forma di lotta, che ci dobbiamo aspettare.
[*] Tanto è vero che il regime, per nascondere l'estensione dello sciopero, arrivò a pagare lo stesso la giornata ai dipendenti pubblici che scioperavano. Episodio capitato a mio zio buonanima nell'estate del 1978, che, insieme ad altri, rifiutò il denaro.
Scusi, ma mi dice quali sono i motivi della rivolta?
RispondiEliminaDiamoci pure del tu, mi sento più giovane :)
RispondiEliminaC'è un motivo scatenante e un motivo profondo. Un po' come quando una stanza è satura di gas: è la scintilla che fa esplodere tutto, ma è la fuga di gas il vero responsabile dell'esplosione.
La scintilla sono state le elezioni dei 12 giugno. I candidati riformisti (Mousavi, Karoubi) sono stati dichiarati sconfitti in seguito ad una tornata elettorale segnata da gravissime irregolarità. Non entro nei dettagli, il dossier di Mousavi in merito supera le 300 pagine. Ad ogni modo il movimento di opposizione ha ormai da tempo superato la fase "nuove elezioni" e sta criticando l'intera architettura dello stato.
Il motivo profondo, invece, è il radicale cambiamento della società iraniana negli ultimi 10-15 anni. I primi anni della repubblica islamica sembrano secoli fa.
Questo blog sta diventando carino perché ormai segue il corso degli eventi fin dall'inizio, se sei interessato a come si è sviluppata la cosa e ne hai voglia può essere interessante leggere i post di giugno e luglio.
Ciao.
Ti ringrazio per la spiegazione. Come motivi onestamente non mi bastano. Perciò istintivamente resto dalla parte di Ahmadinejad.
RispondiEliminaGrazie ciao.
A.
Io ti ringrazio per la schiettezza e trovo del tutto legittimo avere opinioni, anche istintive.
RispondiEliminaPurtroppo non riesco ad essere più esauriente sulla natura del conflitto politico, perché per esserlo il modo migliore sarebbe quello di scrivere un testo monografico di sociologia sull'Iran.
In altre parole per l'approfondimento su un argomento del genere il mezzo migliore era e resta il libro. Anzi, allo stato direi più libri. Mentre non può essere l'obiettivo di un blog che, in questo caso, è solo quello di raccontare. Per quanto in un'ottica di parte.
Ciao e buon anno.