E' curioso trovarsi qui, dopo trent'anni di esilio, a scrivere un "coccodrillo" su Montazeri, ed è ancora più curioso che lo si faccia dal profondo del cuore. Ma la vita è imprevedibile.
Di certo si ricorderà il "prigioniero numero 57" delle carceri politiche dello Shah (nella foto) come una delle persone più integre del suo popolo.
Le persone sono estremamente severe di fronte alla corruzione, dimenticando che essa non è altro che la volontà di fare carriera portata alle sue logiche ed estreme conseguenze. Ragion per cui lo stesso tizio, così pronto a criticare la corruzione del prossimo, accetta volentieri un "regalino" per mandare avanti una pratica oppure l'intervento di un amico per passare un concorso.
L'Ayatollah Montazeri di sicuro ha dimostrato di essere incorruttibile, dal potere prima ancora che dal denaro: delfino di Khomeini nel 1986, ha in pratica rinunciato ad una sicura carriera politica di primo piano pur di non scendere a compromessi con la sua coscienza. La sua libertà nel parlare gli ha procurato numerosi problemi, compresa la visita di squadracce del regime nella sua casa di Qom alla fine degli anni '80, e una vita passata agli arresti domiciliari per motivi di ordine pubblico. E' questa la ragione per cui tanti in Iran lo amano.
Montazeri è stato uno dei massimi "marjà" del mondo sciita. Il suo grado teologico è notevolmente superiore a quasi tutti gli ayatollah del paese, con pochissime eccezioni (e Khamenei non è tra queste).
E' stato un portavoce della parte migliore dell'Islam: quella che identifica lo stato con il popolo, e la giustizia verso il popolo con la volontà di Dio. Quella che considera il voto del popolo come "la misura" alla quale lo stato deve attenersi. Quella che identifica il voto come un "pegno", provvisoriamente nelle mani del governo, ma che alla fine va restituito al suo legittimo proprietario tale e quale è stato ricevuto.
E alla fine dei suoi giorni ha anche avuto il tempo di dichiarare "haram" - illegittima per l'Islam - l'arma nucleare. Poiché non distingue tra colpevole e innocente e viola il principio del "parcere subjectis".
La morte dell'ayatollah cade in un momento estremamente teso e cruciale. Domani ci sono i suoi funerali, ne riparleremo.
Di certo si ricorderà il "prigioniero numero 57" delle carceri politiche dello Shah (nella foto) come una delle persone più integre del suo popolo.
Le persone sono estremamente severe di fronte alla corruzione, dimenticando che essa non è altro che la volontà di fare carriera portata alle sue logiche ed estreme conseguenze. Ragion per cui lo stesso tizio, così pronto a criticare la corruzione del prossimo, accetta volentieri un "regalino" per mandare avanti una pratica oppure l'intervento di un amico per passare un concorso.
L'Ayatollah Montazeri di sicuro ha dimostrato di essere incorruttibile, dal potere prima ancora che dal denaro: delfino di Khomeini nel 1986, ha in pratica rinunciato ad una sicura carriera politica di primo piano pur di non scendere a compromessi con la sua coscienza. La sua libertà nel parlare gli ha procurato numerosi problemi, compresa la visita di squadracce del regime nella sua casa di Qom alla fine degli anni '80, e una vita passata agli arresti domiciliari per motivi di ordine pubblico. E' questa la ragione per cui tanti in Iran lo amano.
Montazeri è stato uno dei massimi "marjà" del mondo sciita. Il suo grado teologico è notevolmente superiore a quasi tutti gli ayatollah del paese, con pochissime eccezioni (e Khamenei non è tra queste).
E' stato un portavoce della parte migliore dell'Islam: quella che identifica lo stato con il popolo, e la giustizia verso il popolo con la volontà di Dio. Quella che considera il voto del popolo come "la misura" alla quale lo stato deve attenersi. Quella che identifica il voto come un "pegno", provvisoriamente nelle mani del governo, ma che alla fine va restituito al suo legittimo proprietario tale e quale è stato ricevuto.
E alla fine dei suoi giorni ha anche avuto il tempo di dichiarare "haram" - illegittima per l'Islam - l'arma nucleare. Poiché non distingue tra colpevole e innocente e viola il principio del "parcere subjectis".
La morte dell'ayatollah cade in un momento estremamente teso e cruciale. Domani ci sono i suoi funerali, ne riparleremo.
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