mercoledì 24 giugno 2009

Intermezzo - traduzione di un'analisi politica

Leggo e traduco da peiknet.com il seguente articolo di fondo, senza firma. L'articolo ovviamente è schierato con l'opposizione, ma è interessante anche per una serie di informazioni su ciò che sta avvenendo a livello istituzionale.


I golpisti sono caduti nella stessa trappola che avevano teso per le elezioni

Ogni giorno che passa della breve vita del colpo di stato avvenuto nel seno della Repubblica Islamica, si aggiunge un nuovo nodo ai precedenti nodi irrisolti. Al punto che gli stessi autori del golpe elettorale si trovano ora nell'imbarazzo più totale. La preoccupazione nel fronte golpista procede di pari passo con la rabbia e l'odio nel fronte anti-golpista.

La Guida della Rivoluzione, che in meno di dieci giorni ha perso tutta la credibilità residua di cui poteva godere, officerà anche questo venerdì la preghiera collettiva a Teheran e si attende un suo nuovo discorso. E' difficile che riesca a far ritornare nella stalla i buoi scappati. Simili operazioni sono possibili per uomini con una certa stoffa, categoria alla quale Khamenei non appartiene. Uomini come l'Ayatollah Khomeini che, in una situazione di profondissima crisi, ha avuto il coraggio di "bere la coppa di veleno" della fine della guerra con l'Iraq.

Un depresso speaker del Consiglio dei Guardiani, in un'intervista di ieri mattina, asseriva di avere "sulla punta della lingua" la decisione del Consiglio in merito ai ricorsi, e ha persino detto che dal punto di vista del Consiglio i brogli non erano poi tanto gravi. Salvo che qualche ora dopo è stato pubblicato il testo di una corrispondenza tra Ahmad Jonnati [presidente del Consiglio dei Guardiani n.d.t.] e Alì Khamenei. Da queste lettere emergeva che il Consiglio dei Guardiani avrebbe chiesto altri 5 giorni per meditare sulla questione, e che Khamenei glieli avrebbe concessi. In pratica stanno prendendo tempo per preparare il discorso di Khamenei per la preghiera di venerdì, per valutare le reazioni della gente e cercare di porre un rimedio all'intricatissima questione che essi stessi hanno provocato.

Intanto sembra che Mir Hussein Mousavi intenda pubblicare tutta la documentazione in suo possesso in merito alle irregolarità di voto e di conteggio. Si dice che sia in possesso di un resoconto scritto della comunicazione di vittoria fattagli in un primo momento dal Ministero degli Interni e la conferma della Guida, e che stia solo aspettando la decisione definitiva del Consiglio dei Guardiani per pubblicare il tutto.

E' in questa situazione che il Consiglio ha deciso di rinviare la sua pronuncia, per poter trovare tutti insieme una soluzione. Soprattutto perché c'è il rischio che la questione finisca sul tavolo dell'Assemblea degli Esperti. Cioè c'è il rischio che la documentazione dei brogli venga inviata all'Assemblea per una pronuncia in materia, e che a quel punto finisca sotto esame l'operato sia della Guida, sia del Consiglio dei Guardiani. I quali hanno sostanzialmente approvato i brogli chiudendo gli occhi, e c'è il rischio vengano considerati decaduti nella loro carica di fronte alla "shar'ia" islamica, poiché hanno mentito, hanno falsificato l'esito delle elezioni, e per difendere la menzogna e la falsificazione hanno versato del sangue. In questo modo hanno dato un durissimo colpo alla legittimità popolare della Repubblica Islamica e alla sua immagine internazionale.

La crisi è difficilmente confutabile anche su altri fronti.

Alì Larijani e Mohammad Reza Bahonar [1] cioè il presidente e il vicepresidente del Parlamento, hanno pubblicamente criticato il taglio giornalistico decisamente parziale dato alla crisi dalla televisione iraniana, e hanno chiesto che Moussavi venisse invitato per un dibattito pubblico. Il tentativo è quello, in primo luogo, di far uscire la protesta dalle piazze e portarla sugli schermi televisivi, e poi di trovare gradualmente una soluzione alla crisi.

Hossein Shariatmadari direttore del quotidiano Keyhan, e il generale Zarqami responsabile della TV iraniana, sono invece di un altro avviso. Essi cercano di presentare Moussavi come un istigatore all'eversione. Sono agli ordini dello stato maggiore del golpe? Finché non conosceremo la questione nei dettagli non è possibile rispondere.

In questo caos istituzionale, ci si è messa anche la onorevole deputata Fatemeh Alya ad avviare i preparativi per il giuramento di Ahmadinejad, quando la presidenza di costui non è ancora stata ufficializzata né dal Consiglio dei Guardiani, né dalla Guida. La Guida stessa poi, avendo detto in anticipo che Ahmadinejad sarebbe il suo presidente preferito, si trova ora sotto la minaccia di impeachment da parte dell'Assemblea degli Esperti che cerca di contenere le sue fughe in avanti.

Sono diminuiti sensibilmente i proclami di repressione da parte della Sepah [2]. Il risultato di questi proclami è il sangue versato nelle strade, i corpi privi di vita che si sono accumulati in via Enghelab e nei vicoli adiacenti sabato scorso. Fonti non governative parlano di almeno 200 morti [3]. Neda Soltani è diventata simbolo del tragico massacro di sabato.

Tra i comandanti della Sepah si sta discutendo di ciò che si è perso. La leggenda dei 20-30 milioni di Bassij si è rivelata essere un pupazzo di neve scioltosi al primo alito caldo di protesta nelle strade. Alla minaccia di una guerra asimmetrica contro gli Stati Uniti si è sostituita la realtà di uno stato di guerriglia urbana interna.

La bugia dei 24 milioni di voti per Ahmadinejad, prima ancora di aver bisogno di prove legali, si è rivelata tale nelle strade. E' stato possibile portare nelle strade non più di 40.000 persone - tra quei 24 milioni - a manifestare per il governo in piazza Fatemi. Non si vedono segni di quei 24 milioni di elettori a Mashhad, Shiraz, Teheran, Tabriz, Kermanshah, Kerman, Ahvaz, o anche nelle piccole città, dove in questi 10 giorni la popolazione si è riversata nelle strade contro il golpe elettorale. E nonostante i massacri [4] non hanno ancora abbandonato le strade e continuato le loro grida notturne da sopra i tetti. Per quanto questi fatti non siano ancora stati discussi tra i capi e i militari della Sepah, presto lo saranno. E difatti ci sono già dei segnali in questa direzione [5].

Il duro comunicato emesso due giorni fa a nome della Sepah, ad esempio, è un testo scritto da Hojat'ol Eslam Zunnur rappresentante dell'ufficio della Guida presso l'Arma, e pubblicato poi dall'ufficio politico e delle pubbliche relazioni. Cioè dallo stesso ufficio che per anni è stato gestito dal riformista Mirdamadi il quale ora si trova in carcere arrestato dal fronte golpista. Ci si chiede se il Consiglio dei Comandanti della Sepah condivida questo comunicato e, se lo condivide, come mai non sia stato emesso a nome del consiglio stesso.

[...]

Cos'è successo da questa parte, cioè nel fronte anti-golpista? La gente ha avuto dei morti, ma si è rafforzata la reciproca fiducia e il senso di unità [6]. La gente ha avuto dei morti ma si è ritrovata insieme dopo tre decenni. La gente ha avuto morti ma ora gli è chiaro chi sta governando, e chi sta con chi.

Una parte della crisi nella quale il fonte golpista si ritrova impantanato ci porta sullo scenario internazionale. L'esplosione di video, immagini e notizie in tutti i media mondiali ha portato con sé un'ondata di attenzione dell'opinione pubblica mondiale verso ciò che sta accadendo in Iran. Un interesse internazionale che non aveva precedenti fin dalla guerra del Viet Nam. Potremmo dire un interesse superiore persino ai giorni della caduta del muro di Berlino.

Sotto la pressione di quest'ondata di interesse internazionale, l'Unione Europea, gli Stati Uniti e l'ONU si sono trovati costretti a prendere delle posizioni. In modo tale che non solo ad oggi non hanno riconosciuto Ahmadinejad come presidente, ma hanno anche insistito per la riconta dei voti (Angela Merkel) e dato voce a proteste internazionali contro la repressione.

Dopo trent'anni si è anche formato un forte senso di unità nazionale fuori dal paese. La partecipazione e le irregolarità elettorali erano tali che hanno coinvolto anche gli iraniani residenti all'estero. In tutti i paesi esteri il candidato favorito degli emigrati era Moussavi, e la requisizione di questi voti a favore di Ahmadinejad [...] ha provocato una forte indignazione tra tutti gli iraniani all'estero, che hanno abbandonato le loro divisioni politiche e dichiarato la loro solidarietà con i loro concittadini in patria.

Per queste ragioni, una cosa al momento è certa: il sicuro perdente dello scenario che abbiamo davanti è il fronte golpista.

Peiknet - 26/06/2009

[1] Entrambi conservatori. Larijani è anche conosciuto all'estero per essere stato il negoziatore iraniano sul nucleare, col gruppo dei 5+1 (n.d.t.)

[2] Letteralmente "arma". Sono i Pasdaran. (n.d.t.)

[3] Le fonte governative, mi pare, una trentina (n.d.t.)

[4] Che le notzie di oggi tragicamente confermano (n.d.t.)

[5] Si riferisce alla notizia data nel post precedente (n.d.t.)

[6] Concetto magistralmente espresso anche da Mohsen Makhmalbaf, regista iraniano, in un suo discorso video girato qui in Italia datato ieri (n.d.t.)

Nessun commento:

Posta un commento