Organizzare la concordia tra i lavoratori è più difficile che organizzare la concordia tra i capitali. Intanto perché è maggiore il numero delle persone coinvolte. Inoltre, ancora più importante, l'azione del capitale punta a de-strutturare la società, rendendola un insieme di singoli individui slegati tra loro e in reciproca concorrenza. Ciò avviene introducendo ragioni di separazione tra gente che in realtà avrebbe un obiettivo comune: smettere di mantenere chi vive senza lavorare.
Per dirla in breve: l'azione del capitale mira a far stare meglio alcuni a danno degli altri, ad esempio pagando una parte della popolazione salariata perché tenga a bada un'altra parte della popolazione salariata. Il capitale garantisce in questo modo la propria sopravvivenza, attraverso l'organizzaizone dei propri complici in una specie di "catena alimentare".
E' per questo che organizzare uno sciopero generale è un compito complesso. Più facile organizzare un'agitazione in una singola fabbrica, dove è chiaro quali sono le rivendicazioni e le condizioni di lavoro. Ma uno sciopero generale coinvolge lavoratori di tutti i settori sociali: lavoratori che si trovano in condizioni salariali e lavorative estremamente differenti.
Per questa sua caratteristica, lo sciopero generale ha sempre un significato eminentemente politico. Pertanto esso necessita di un lungo lavoro organizzativo - un tempo si sarebbe detto "ideologico" - che precede il momento in cui scatterà l'astensione dal lavoro, proprio per trovare un terreno comune a tutte le rivendicazioni di tutti i lavoratori.
Traduco dal persiano un testo intitolato "scioperi sociali", pubblicato qualche giorno fa da Mohsen Sazegara con l'intento di far conoscere al movimento di opposizione in Iran alcune tipologie di organizzazione del dissenso nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Il testo è un articolo (di cui non ho la versione inglese) dello storico Jeremy Brecher autore di "Strike!" e una lunga serie di testi sul tema di globalizzazione e lavoro.
Per dirla in breve: l'azione del capitale mira a far stare meglio alcuni a danno degli altri, ad esempio pagando una parte della popolazione salariata perché tenga a bada un'altra parte della popolazione salariata. Il capitale garantisce in questo modo la propria sopravvivenza, attraverso l'organizzaizone dei propri complici in una specie di "catena alimentare".
E' per questo che organizzare uno sciopero generale è un compito complesso. Più facile organizzare un'agitazione in una singola fabbrica, dove è chiaro quali sono le rivendicazioni e le condizioni di lavoro. Ma uno sciopero generale coinvolge lavoratori di tutti i settori sociali: lavoratori che si trovano in condizioni salariali e lavorative estremamente differenti.
Per questa sua caratteristica, lo sciopero generale ha sempre un significato eminentemente politico. Pertanto esso necessita di un lungo lavoro organizzativo - un tempo si sarebbe detto "ideologico" - che precede il momento in cui scatterà l'astensione dal lavoro, proprio per trovare un terreno comune a tutte le rivendicazioni di tutti i lavoratori.
Traduco dal persiano un testo intitolato "scioperi sociali", pubblicato qualche giorno fa da Mohsen Sazegara con l'intento di far conoscere al movimento di opposizione in Iran alcune tipologie di organizzazione del dissenso nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Il testo è un articolo (di cui non ho la versione inglese) dello storico Jeremy Brecher autore di "Strike!" e una lunga serie di testi sul tema di globalizzazione e lavoro.
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Questi appunti riguardano gli scioperi che rispondono alle seguenti caratteristiche:
La maggior parte dei lavoratori in sciopero non sono iscritti in organizzazioni sindacali ufficiali; l'obiettivo principale dello sciopero non è di tipo contrattuale ma piuttosto la lotta contro un regime o la richiesta di un cambiamento sociale radicale; sono considerati illegali dalle istituzioni al potere.
Chiameremo questi scioperi "scioperi sociali".
Organizzazione
Laddove i sindacati sono deboli, oppure sotto il controllo dello stato o del padronato, è necessario innanzitutto poter mobilitare le forze in modo rapido. Sotto questo aspetto ci sono state importanti esperienze di lotta in Polonia, Sudafrica e nelle Filippine: in generale è necessario che l'organizzazione sia flessibile, rapida, e capace di produrre leader e militanti in continuazione.
Si possono seguire due strategie:
In alcuni casi è possibile creare dei "soviet" operai, dove gli attivisti si presentano e scelgono i propri rappresentanti. Vantaggio: la partecipazione è elevata, e i rappresentanti godono di legittimazione democratica essendo stati eletti. Svantaggio: il vincolo democratico potrebbe rendere irrisolvibili i conflitti tra punti di vista differenti, causando la paralisi del movimento.
In altri casi è preferibile organizzarsi in "comitati collegati" composti da poche persone. Ciascun comitato poi sceglie un portavoce che farà parte di un "comitato di coordinamento". Ovviamente in questo caso non c'è un'investitura democratica. Tuttavia il movimento si può organizzare in modo efficiente pur essendo minoritario. Inoltre i comitati possono inscenare rapidamente azioni specifiche e scomparire prima di dover affrontare una rappresaglia.
La scelta tra i due tipi di organizzazione dipende dalla situazione politica generale.
Le fonti del potere
Gli scioperi sociali sono un potente strumento di opposizione sotto diversi punti di vista:
1) Il padronato, i burocrati, gli amministratori e in generale gli elementi influenti si trovano in difficoltà di fronte al rallentamento della produzione.
2) Il movimento, mostrando se stesso, si pone come polo di attrazione per qualunque tipo di opposizione al regime.
3) Le istituzioni scoprono di essere vulnerabili.
Tuttavia non siamo di fronte ad una regola generale. Ad esempio è possibile che azioni destabilizzanti del movimento spaventino sia le istituzioni, sia il popolo. L'arte dello sciopero sociale consiste nell'attrarre le masse popolari e contemporaneamente lottare in modo efficace contro il sistema.
Gli obiettivi
Gli obiettivi devono essere sufficientemente generali, in modo tale da poter risultare socialmente trasversali. Devono essere in grado, ad esempio, di unire il più possibile lavoratori del settore privato, i dipendenti pubblici, le donne, le classi istruite, il sottoproletariato urbano o i contadini.
Gli obiettivi devono perciò risultare accettabili alle masse. La democrazia, il rispetto dei diritti umani, i diritti dei lavoratori, sono alcuni esempi di richieste portate avanti da Solidarnosc in Polonia. In altri contesti la richiesta potrebbe essere quella di veder applicate parti della costituzione dello stato che - nella prassi - sono rimaste lettera morta.
Gli obiettivi di uno sciopero sociale possono essere raggiunti per passi successivi. Ad esempio è possibile cominciare dalla riduzione di orario e da richieste salariali per arrivare a cambiamenti radicali nella legislazione del lavoro. Un regime potrebbe essere abbastanza combattivo da non voler concedere la piena libertà di espressione e di assembramento, ma essere disposto a liberare i prigionieri politici e frenare le sue squadre di repressione.
I movimenti che si servono di scioperi sociali devono essere in grado di stabilire questi obiettivi tattici e di adattarli al grado di repressione e tensione presente nell'ambiente.
Comunicazione
In condizioni di forte repressione la disponibilità di diversi canali di comunicazione risulta vitale per il movimento. Negli scioperi sociali recenti il ruolo di internet, web 2.0 e dei social network è risultato evidente, tuttavia questi canali vanno completati con altri canali più classici: telefono e comunicazione personale.
Comunque sia, la comunicazione ha due obiettivi: rendere possibile il confronto tra idee ed iniziative dei militanti nel definire tattica e strategia, e coordinare e mobilitare rapidamente il movimento a supporto delle decisioni prese.
Il confronto con la repressione
Fatalmente le istituzioni decideranno di affrontare lo sciopero sociale con la repressione: arresti, incriminazioni, terrore. La strategia vincente per il movimento è quella di convincere il regime che la repressione ottiene il risultato opposto a quello desiderato. La tattica da adottare è il cosiddetto "ju-jitsu politico", ovvero sfruttare la violenza dell'avversario per abbatterlo.
Se questa tattica viene condotta in modo corretto, ogni atto di repressione finisce per alienare al regime parti della società, e ne mette in crisi la legittimazione politica. La condizione necessaria è che la lotta del movimento si sviluppi senza il ricorso ad un'organizzazione militare o paramilitare, ovvero che avvenga senza armi.
In questo modo il movimento può avere gioco facile a porsi come difensore della stabilità sociale e della legalità, e presentare il regime come una cricca estremista fuori dal controllo che intende mantenere il potere ad ogni costo. Si può persino giungere a recuperare tra le proprie file settori sociali normalmente favorevoli al regime.
Ovviamente qui non si sta parlando della non-violenza come principio ideologico di valenza universale, ma di una precisa strategia: una specie di "patto" scaturito dal confronto tra le varie componenti del movimento.
La maggior parte dei lavoratori in sciopero non sono iscritti in organizzazioni sindacali ufficiali; l'obiettivo principale dello sciopero non è di tipo contrattuale ma piuttosto la lotta contro un regime o la richiesta di un cambiamento sociale radicale; sono considerati illegali dalle istituzioni al potere.
Chiameremo questi scioperi "scioperi sociali".
Organizzazione
Laddove i sindacati sono deboli, oppure sotto il controllo dello stato o del padronato, è necessario innanzitutto poter mobilitare le forze in modo rapido. Sotto questo aspetto ci sono state importanti esperienze di lotta in Polonia, Sudafrica e nelle Filippine: in generale è necessario che l'organizzazione sia flessibile, rapida, e capace di produrre leader e militanti in continuazione.
Si possono seguire due strategie:
In alcuni casi è possibile creare dei "soviet" operai, dove gli attivisti si presentano e scelgono i propri rappresentanti. Vantaggio: la partecipazione è elevata, e i rappresentanti godono di legittimazione democratica essendo stati eletti. Svantaggio: il vincolo democratico potrebbe rendere irrisolvibili i conflitti tra punti di vista differenti, causando la paralisi del movimento.
In altri casi è preferibile organizzarsi in "comitati collegati" composti da poche persone. Ciascun comitato poi sceglie un portavoce che farà parte di un "comitato di coordinamento". Ovviamente in questo caso non c'è un'investitura democratica. Tuttavia il movimento si può organizzare in modo efficiente pur essendo minoritario. Inoltre i comitati possono inscenare rapidamente azioni specifiche e scomparire prima di dover affrontare una rappresaglia.
La scelta tra i due tipi di organizzazione dipende dalla situazione politica generale.
Le fonti del potere
Gli scioperi sociali sono un potente strumento di opposizione sotto diversi punti di vista:
1) Il padronato, i burocrati, gli amministratori e in generale gli elementi influenti si trovano in difficoltà di fronte al rallentamento della produzione.
2) Il movimento, mostrando se stesso, si pone come polo di attrazione per qualunque tipo di opposizione al regime.
3) Le istituzioni scoprono di essere vulnerabili.
Tuttavia non siamo di fronte ad una regola generale. Ad esempio è possibile che azioni destabilizzanti del movimento spaventino sia le istituzioni, sia il popolo. L'arte dello sciopero sociale consiste nell'attrarre le masse popolari e contemporaneamente lottare in modo efficace contro il sistema.
Gli obiettivi
Gli obiettivi devono essere sufficientemente generali, in modo tale da poter risultare socialmente trasversali. Devono essere in grado, ad esempio, di unire il più possibile lavoratori del settore privato, i dipendenti pubblici, le donne, le classi istruite, il sottoproletariato urbano o i contadini.
Gli obiettivi devono perciò risultare accettabili alle masse. La democrazia, il rispetto dei diritti umani, i diritti dei lavoratori, sono alcuni esempi di richieste portate avanti da Solidarnosc in Polonia. In altri contesti la richiesta potrebbe essere quella di veder applicate parti della costituzione dello stato che - nella prassi - sono rimaste lettera morta.
Gli obiettivi di uno sciopero sociale possono essere raggiunti per passi successivi. Ad esempio è possibile cominciare dalla riduzione di orario e da richieste salariali per arrivare a cambiamenti radicali nella legislazione del lavoro. Un regime potrebbe essere abbastanza combattivo da non voler concedere la piena libertà di espressione e di assembramento, ma essere disposto a liberare i prigionieri politici e frenare le sue squadre di repressione.
I movimenti che si servono di scioperi sociali devono essere in grado di stabilire questi obiettivi tattici e di adattarli al grado di repressione e tensione presente nell'ambiente.
Comunicazione
In condizioni di forte repressione la disponibilità di diversi canali di comunicazione risulta vitale per il movimento. Negli scioperi sociali recenti il ruolo di internet, web 2.0 e dei social network è risultato evidente, tuttavia questi canali vanno completati con altri canali più classici: telefono e comunicazione personale.
Comunque sia, la comunicazione ha due obiettivi: rendere possibile il confronto tra idee ed iniziative dei militanti nel definire tattica e strategia, e coordinare e mobilitare rapidamente il movimento a supporto delle decisioni prese.
Il confronto con la repressione
Fatalmente le istituzioni decideranno di affrontare lo sciopero sociale con la repressione: arresti, incriminazioni, terrore. La strategia vincente per il movimento è quella di convincere il regime che la repressione ottiene il risultato opposto a quello desiderato. La tattica da adottare è il cosiddetto "ju-jitsu politico", ovvero sfruttare la violenza dell'avversario per abbatterlo.
Se questa tattica viene condotta in modo corretto, ogni atto di repressione finisce per alienare al regime parti della società, e ne mette in crisi la legittimazione politica. La condizione necessaria è che la lotta del movimento si sviluppi senza il ricorso ad un'organizzazione militare o paramilitare, ovvero che avvenga senza armi.
In questo modo il movimento può avere gioco facile a porsi come difensore della stabilità sociale e della legalità, e presentare il regime come una cricca estremista fuori dal controllo che intende mantenere il potere ad ogni costo. Si può persino giungere a recuperare tra le proprie file settori sociali normalmente favorevoli al regime.
Ovviamente qui non si sta parlando della non-violenza come principio ideologico di valenza universale, ma di una precisa strategia: una specie di "patto" scaturito dal confronto tra le varie componenti del movimento.
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