Purtroppo non ho visto il film (e a questo punto sono curioso). So solo che si chiama "l'erpice", che è tratto da "La Colonia Penale" di Kafka, e che è un corto di dieci minuti.
Nel video che ho caricato (qui su youtube) la ragazza è intervistata da Hana Makhmalbaf, sua coetanea, a sua volta regista e figlia d'arte, che a Norimberga ha presentato il documentario "Green Days". Qualcuno particolarmente interessato al cinema iraniano la ricorderà - bambina - in una sequenza di "Pane e Fiore" del padre Mohsen.
Trovo l'intervista molto interessante per intuire l'aria che si respira in ogni famiglia iraniana. Per vedere come, persino tra le famiglie di ministri e sottosegretari, cova il dissenso e la voglia di liberazione. Purtroppo non so sottotitolare i video e quindi lo traduco qui sotto.
Trovo l'intervista molto interessante per intuire l'aria che si respira in ogni famiglia iraniana. Per vedere come, persino tra le famiglie di ministri e sottosegretari, cova il dissenso e la voglia di liberazione. Purtroppo non so sottotitolare i video e quindi lo traduco qui sotto.
***
Hana Malhmalbaf: di cosa parla il tuo film, cara Narges?
Narges Kalhor: il film è una mia reinterpretazione di un racconto di Kafka, "la colonia penale". Il racconto è ambientato in un luogo immaginario e si svolge intorno ad una grottesca macchina per la tortura.
H.M.: perché un film sulla tortura? perché Kafka?
N.K.: per la verità quando mi è venuto in mente di fare un film sulla tortura avevo già intenzione di ispirarmi ad un'opera letteraria, e ne ho lette diverse. Questa di Kafka fu l'unica in cui mi sono ritrovata pienamente. Kafka visse in un'epoca e in un ambiente completamente diversi dal nostro, ma questo racconto ti tocca talmente in profondità che è stato impossibile passargli accanto senza farsi coinvolgere.
H.M.: sei figlia del signor Mehdi Kalhor giusto? Puoi dirci qualcosa riguardo a tuo padre, dei tuoi pensieri riguardo a lui e al suo ruolo?
N.K.: mio padre in effetti è consulente culturale del governo di Ahmadinejad. E' un uomo d'arte, un bravo fotografo e un pittore. Per me è stato un punto di riferimento e una costante fonte di incoraggiamento quando stavo muovendo i primi passi come sceneggiatrice e regista, ma non credo sappia nulla di questo mio film né di dove lo sto presentando. Le nostre vie si sono separate e ognuno fa ciò che ritiene più giusto, com'è corretto che sia.
H.M.: mentre tu ti riconosci nel movimento verde...
N.K.: proprio i recenti avvenimenti mi hanno spinto a presentare questo film qui a Norimberga. Ritenevo sbagliato stare in silenzio. Avrei potuto restare in Iran, continuare a scrivere e girare film tranquillamente, tenermi per me le mie idee. Ma sinceramente quando vedi una moltitudine chiedere all'unisono le cose in cui credi, come fai a restarne fuori? Io ho fatto la cosa giusta, a prescindere da ciò che ne pensa mio padre.
H.M.: ritieni di essere l'unica figlia di un politico legato ad Ahmadinejad ad aver abbracciato il movimento verde?
N.K.: l'obiettivo principale del movimento è la liberazione, o per meglio dire la nostra autodeterminazione matura e consapevole. Questo obiettivo prescinde dal ruolo che uno può avere oggi in Iran. Molte persone con ruoli politici di primo piano hanno abbracciato queste idee, e persino mio padre nel suo intimo non è del tutto contrario. Io so per certo che molti ragazzi, figli di politici del gabinetto di Ahmadinejad, o di parlamentari a lui vicini, hanno le mie stesse idee. Certo non tutti vengono all'estero a presentare un film per esprimere la loro avversione per la tortura, ma non di meno ciascuno di loro sta facendo ciò che in coscienza ritiene giusto fare, che gli è possibile fare.
H.M.: cosa pensi del futuro del movimento verde?
N.K.: forse ci vuole un po' più di coraggio, di radicalità. Serve un piccolo balzo in avanti. Quando lo si compie, il resto diventa facile. Ma ognuno di noi ha i suoi tempi, non si può fare tutto subito.
H.M.: fai conto che tuo padre stia vedendo quest'intervista. Cosa voresti dirgli, a lui e a tutti i padri nella sua posizione?
N.K.: ne sarei felicissima. Sarei felicissima se vedesse il mio film e mi desse un parere critico. Gli direi che ho appena iniziato questo mestiere, che intendo impegnarmi a fondo, e che l'ho fatto per poter esprimere le mie idee attraverso il cinema. Chiederei il suo sostegno. I figli chiedono solo questo ai propri genitori.
H.M.: stai chiedendo a un ministro di Ahmadinejad di sostenere una ragazza che si riconosce nel movimento verde?
N.K.: perché no? Lo chiedo allo stesso Ahmadinejad! Le persone possono cambiare, il pensiero di un uomo non è predeterminato al momento della nascita. Chiunque può fermarsi per un istante a pensare e fare la cosa giusta. Chiunque può chiudere gli occhi per un istante e riconoscere che la retta via è quella della gente che scende per le strade a chiedere solo la libertà.
Narges Kalhor: il film è una mia reinterpretazione di un racconto di Kafka, "la colonia penale". Il racconto è ambientato in un luogo immaginario e si svolge intorno ad una grottesca macchina per la tortura.
H.M.: perché un film sulla tortura? perché Kafka?
N.K.: per la verità quando mi è venuto in mente di fare un film sulla tortura avevo già intenzione di ispirarmi ad un'opera letteraria, e ne ho lette diverse. Questa di Kafka fu l'unica in cui mi sono ritrovata pienamente. Kafka visse in un'epoca e in un ambiente completamente diversi dal nostro, ma questo racconto ti tocca talmente in profondità che è stato impossibile passargli accanto senza farsi coinvolgere.
H.M.: sei figlia del signor Mehdi Kalhor giusto? Puoi dirci qualcosa riguardo a tuo padre, dei tuoi pensieri riguardo a lui e al suo ruolo?
N.K.: mio padre in effetti è consulente culturale del governo di Ahmadinejad. E' un uomo d'arte, un bravo fotografo e un pittore. Per me è stato un punto di riferimento e una costante fonte di incoraggiamento quando stavo muovendo i primi passi come sceneggiatrice e regista, ma non credo sappia nulla di questo mio film né di dove lo sto presentando. Le nostre vie si sono separate e ognuno fa ciò che ritiene più giusto, com'è corretto che sia.
H.M.: mentre tu ti riconosci nel movimento verde...
N.K.: proprio i recenti avvenimenti mi hanno spinto a presentare questo film qui a Norimberga. Ritenevo sbagliato stare in silenzio. Avrei potuto restare in Iran, continuare a scrivere e girare film tranquillamente, tenermi per me le mie idee. Ma sinceramente quando vedi una moltitudine chiedere all'unisono le cose in cui credi, come fai a restarne fuori? Io ho fatto la cosa giusta, a prescindere da ciò che ne pensa mio padre.
H.M.: ritieni di essere l'unica figlia di un politico legato ad Ahmadinejad ad aver abbracciato il movimento verde?
N.K.: l'obiettivo principale del movimento è la liberazione, o per meglio dire la nostra autodeterminazione matura e consapevole. Questo obiettivo prescinde dal ruolo che uno può avere oggi in Iran. Molte persone con ruoli politici di primo piano hanno abbracciato queste idee, e persino mio padre nel suo intimo non è del tutto contrario. Io so per certo che molti ragazzi, figli di politici del gabinetto di Ahmadinejad, o di parlamentari a lui vicini, hanno le mie stesse idee. Certo non tutti vengono all'estero a presentare un film per esprimere la loro avversione per la tortura, ma non di meno ciascuno di loro sta facendo ciò che in coscienza ritiene giusto fare, che gli è possibile fare.
H.M.: cosa pensi del futuro del movimento verde?
N.K.: forse ci vuole un po' più di coraggio, di radicalità. Serve un piccolo balzo in avanti. Quando lo si compie, il resto diventa facile. Ma ognuno di noi ha i suoi tempi, non si può fare tutto subito.
H.M.: fai conto che tuo padre stia vedendo quest'intervista. Cosa voresti dirgli, a lui e a tutti i padri nella sua posizione?
N.K.: ne sarei felicissima. Sarei felicissima se vedesse il mio film e mi desse un parere critico. Gli direi che ho appena iniziato questo mestiere, che intendo impegnarmi a fondo, e che l'ho fatto per poter esprimere le mie idee attraverso il cinema. Chiederei il suo sostegno. I figli chiedono solo questo ai propri genitori.
H.M.: stai chiedendo a un ministro di Ahmadinejad di sostenere una ragazza che si riconosce nel movimento verde?
N.K.: perché no? Lo chiedo allo stesso Ahmadinejad! Le persone possono cambiare, il pensiero di un uomo non è predeterminato al momento della nascita. Chiunque può fermarsi per un istante a pensare e fare la cosa giusta. Chiunque può chiudere gli occhi per un istante e riconoscere che la retta via è quella della gente che scende per le strade a chiedere solo la libertà.
Complimenti per il blog, estremamente interessante. L'ho scoperto da poco e non ho più smesso di seguirlo. Finalmente parla anche un po' di cinema! Io sono un aspirante esperto di cinema iraniano, ho anche presentato Pane e fiore in una rassegna e ovviamente ricordo Hana da piccola, così come Samira neonata ne Il ciclista. Ma, da italiano, ho assoluto bisogno di approfondire la cultura del tuo Paese. Nel caso posso chiederti qualche informazione, o qualche indicazione bibliografica? Anche sul cinema, eventualmente? Grazie! Saluti!
RispondiEliminaClaudio
Grazie! Avrai notato che qui riferimenti "subliminali" al cinema non mancano :-)
RispondiEliminaPer carità, non mi definisco esperto. Ma comunque, finché non mi sono nati i piccoli, andavo al cinema tra 40 e 50 volte all'anno. Avendo la fortuna di parlare il persiano poi ho potuto vedere diversi film in lingua originale e bypassando un po' il canale rassegne-festival, che certamente ebbe il merito di far conoscere il cinema iraniano ai cinephyles qui in europa. Ricordo Moretti particolarmente impegnato su quel fronte.
Quello che colpisce del cinema iraniano è proprio la libertà espressiva e tematica, che stride un bel po' con le esigenze di diffusione di ottimismo proprie di un regime. Proprio quella libertà espressiva fu la ragione principale che mi rendeva restio ad usare la definizione di "regime", sino a diciamo 4 anni fa.
Al di là di questo poi, tornando al campo più eminentemente artistico, a me aveva colpito molto il modo istintivo, brillante e originale in cui Makhmalbaf portava avanti un discorso di "metacinema". La cosa è evidente in Pane e Fiore, ma ancora di più in quello che considero il suo capolavoro: "Nasser ad-Din Shah attore di cinema", che purtroppo non è mai stato distribuito in Italia. Forse è possibile scaricarne una versione sottotitolata in inglese.
In merito alla tua richiesta, ti do molto volentieri tutte le informazioni che posso. Facciamo via mail? mi trovi su khosroe-chiocciolina-gmail-punto-com.
Ciao.
Grazie! Sicuramente ti contatterò, e anche al più presto. Il film che citi in Italia è conosciuto (si fa per dire...) come "C'era una volta il cinema". Anche all'estero lo chiamano "Once Upon A Time, Cinema". Se non erro Fuori Orario l'ha passato, almeno una volta, ma mi prendi in castagna perché è uno dei suoi pochi che non ho ancora visto. Il mio preferito resta Pane e fiore (e quindi non vedo l'ora di guardare quello che mi hai segnalato), ma apprezzo molto anche Il ciclista, L'ambulante, Matrimonio dei benedetti ecc. Kiarostami, però, a mio pare è un gradino sopra. A presto!
RispondiEliminaciao sono una studentessa. io e i miei compagni stiamo raccontando la storia di Narges, attraverso la rappresentazione di alcuni momenti delle sua vita. per caso sai dirmi dove trovare il suo film o almeno delle foto?
RispondiEliminagrazie e scusa il disturbo
Nessun disturbo, purtroppo però non so aiutarti. Nei miei canali abituali (iranianmovie) non trovo niente.
EliminaDovresti provare a contattare l'organizzazione del festival di Norimberga - anno 2009 - per vedere se ne hanno una copia in archivio. Dovrebbero, perché in genere si deve tenere una copia di tutti i film in concorso. Ma non so dirti come contattarli...
Ciao